Il calcio di Allegri da nobile e antico sta diventando non evoluto e vecchio.

Il calcio di Allegri da nobile e antico sta diventando non evoluto e vecchio.TUTTOmercatoWEB.com
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venerdì 25 febbraio 2022, 10:07Opinionista per un giorno
di Vincenzo Greco
Nessuna traccia di evoluzione nell'Allegri 2.0. Sicuri che il nuovo corso Juve debba passare da una proposta di calcio che dimostra sempre più crepe?

Se c’è un concetto che è decisivo di ogni progresso, personale innanzitutto e in seconda battuta anche sociale, è quello di evoluzione.
Capiterà a tanti di voi di rileggere cose che avete scritto, o di mettere mano a cose che avete fatto in passato. Non le rifareste probabilmente nello stesso identico modo.
E questa è una cosa ottima, perché vuol dire tenere conto del tempo che è trascorso, delle cose che nel frattempo sono intervenute, delle novità, di quel che prima andava e ora non va più.
Questa è l’evoluzione.

Spiace dirlo, per chi come me aveva salutato con favore il ritorno di Max sulla panchina bianconera, ma l’Allegri 2.0 non costituisce alcuna evoluzione dell’1.0.
Massimiliano Allegri è sempre lo stesso.
Ci abbiamo provato a vedere nel suo calcio qualcosa di diverso, forse ci ha provato anche lui a cambiare qualcosa, ma sostanzialmente quello era e quello è rimasto.

Con la non trascurabile differenza che quello che prima funzionava prima ora pare sempre più incepparsi. 
Prima l’atteggiamento redditizio della Juve era funzionale a una stagione in cui occorreva arrivare in corsa su tutti gli obiettivi, cercando di realizzarli tutti o quasi, e quindi dosando le energie, e quindi sembrava, se vogliamo, spietato ma terribilmente funzionale al progetto.
Ora invece questo atteggiamento sta solo significando remissione, perdita di identità, arretramento, una sostanziale incapacità, o peggio ancora mancanza di voglia, di affermare se stessi e la propria voglia di vincere.
Se prima il modellarsi sull’avversario sembrava una tattica così intelligente da spiazzare l’avversario stesso, privandolo delle sue armi, ora pare più una dimostrazione di paura e di impotenza: non potendo, o non riuscendo, dire la mia cerco di non fa dire la sua al mio avversario.

La Juve di Allegri è solo lontana parente di quella vincente che lui ha guidato per 5 anni di dominio italiano e recupero di una buona posizione europea, dopo gli anni delle uscite ai gironi.
E ciò non è dovuto solo al pur valido motivo della carenza tecnica della rosa, le cui mediocrità si evidenziano soprattutto a centrocampo, settore decisivo di ogni squadra.
Perché anche davanti ad avversari palesemente meno forti di noi, vediamo una Juve dimessa e passiva. E ciò getta un’ombra persino sulla Juve 1.0. facendo crescere il sospetto che il merito di quei successi in serie fosse della gran qualità della rosa, e di chi l’aveva costruita, molto più che di Allegri, il cui unico merito forse è stato quella di non imbrigliarla troppo in schemi e richieste varie.

L’Allegri 2.0, ora che non ha una rosa così forte, ora che dovrebbe fare uscire tutte le sue capacità di gestore,  allenatore, motivatore, gestore, tattico ecc. sta dimostrando tutti i sui limiti, persino più di quelli noti. Non sta dando un quid pluris che ci faccia pensare che meno male che c'è lui sulla panchina altrimenti sai dove staremmo: probabilmente, con un altro allenatore, staremmo allo stesso punto. E quindi dov'è l'apporto dell'Allegri 2.0?

Difficile vederlo, come difficile vedere qualcosa in prospettiva.
La sua Juve potrà anche infilare tanti risultati utili consecutivi. Potrà anche passare gli ottavi di Champions League vincendo la partita di ritorno contro il Villarreal. Potrà anche qualificarsi alla prossima Champions centrando quel quarto posto che faticosamente sta mettendo nel mirino. E potrà anche vincere la Coppa Italia.

Ma rimane una squadra che da sempre l’impressione di essere in un precario e sempiterno stato di convalescenza. Rimane una squadra che non appassiona e che fa soffrire tutti i suoi tifosi con arretramenti di baricentro non ammissibili, e neppure funzionali. E che alla fine, dopo tanto tran tran sempre uguale, rischia di annoiarli e scaricarli.

Rimane una squadra che, nonostante i risultati utili consecutivi, non vince contro chi le sta sopra. Che, forse con l’eccezione della vittoria in casa contro il Chelsea, non ha regalato nemmeno una prestazione degna di essere ricordata come grande partita.
Rimane una squadra che non sai mai se è così scarsa o lo è perché è il suo allenatore che la considera tale, molto più di quanto in realtà già lo è, e allora la fa giocare sempre così dietro e così ritratta.

Rimane una squadra che non tiene conto di tutto quello che l’evoluzione del calcio ha detto negli ultimi 40 anni.
Che non significa dover all'improvviso passare al calcio totale, alla zona alta, al pressing esasperato. Perché si può anche mantenere una identità conservativa e tradizionale, tuttavia innovandola con qualche buono spunto proveniente da altri modelli calcistici.
Allegri, a furia di puntare sul solo equilibrio, ha finito per svuotare tutto quello che è stato il calcio degli ultimi decenni: sovrapposizioni neanche a parlarne, pressing di squadra accennato solo a tratti, costruzione dal basso rigettata in toto (fa i suoi danni, è vero, e noi ne sappiamo qualcosa, ma non è che il continuo lanciare la palla nel deserto della metà campo avversaria ne faccia di meno), difesa alta da considerare una bestemmia, ali che spingono neppure nei sogni più ideali, triangolazioni giusto quelle basilari, con il giochino dello spostamento di un’ala a trequartista.

In questa mancata evoluzione, il calcio di Allegri sta persino perdendo il suo connotato nobile di calcio antico perché ormai pare essere solo un calcio vecchio, che chiunque riesce a prevedere e quindi a contrastare.
E’ vero che uno dei capisaldi del Dna Juve è la tradizione. Ma va sempre insieme al saper puntare pure sull’innovazione; basti pensare al progetto dello stadio di proprietà, alla creazione, primi in Italia, della seconda squadra, la JU23, e anche alla Superlega, seppur, almeno per ora, affondata.
E’ ciò che, nel corso degli anni, ha consento alla Juventus di essere allo stesso tempo antica e nuova. Senza mai risultare vecchia.
E’ per questo che anche chi era contento del suo ritorno sta maturando il pensiero che la nuova Juve non possa passare da Allegri.

Questo non vuol dire resa immediata, né esonero né soluzioni traumatiche, né appoggio alla sempre più becera e volgare campagna social - e anche mediatica - che è in corso contro l'allenatore della Juve.
Vuol dire che Allegri starà lì uno o due anni e poi, se nulla continuerà a crescere, perché nulla Allegri pare stia facendo germogliare (ad esempio, quali giocatori sta rivitalizzando?), sarà giocoforza metterlo da parte. E puntare, stavolta, su qualcosa di nuovo ed evoluto, ma che almeno ci voglia bene, e non su un nostro odiatore come lo era Sarri.

Qualche cambiamento probabilmente riguarderà anche la società: non può esservi sfuggita la totale assenza di Andrea Agnelli, e anche di Pavel Nedved, tanto alle presentazioni dei nuovi acquisti di gennaio quanto alle apparizioni televisive.
Si sta chiudendo un’era, e Allegri, fortemente rivoluto da Agnelli, probabilmente rimarrà come l’ultimo rappresentante di un'era passata, e alla fine risulterà dissonante con quella nuova. Di cui, tranne indiscrezioni qui e là, ancora molto poco sappiamo.
E non so se è una buona notizia o meno.

Vincenzo Greco - Pensieri bianconeri

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