Juventus, analisi tattica: equilibrio, idee e dettagli da migliorare
La Juventus di Spalletti, alla terza gara della nuova gestione, ha confermato il 3-4-2-1 che aveva portato una vittoria e un pareggio contro Cremonese e Sporting Lisbona. Contro il Torino è arrivato uno 0-0 che lascia spunti tattici interessanti: la squadra ha sofferto solo una ventina di minuti all’inizio del secondo tempo, poi ha ripreso il controllo del gioco, ma senza riuscire a trasformare la supremazia in gol.
Il primo aspetto evidente è la continuità del lavoro impostato da Spalletti: Koopmeiners è stato confermato nei tre dietro, con il compito di entrare dentro al campo in fase di possesso e dare una linea di passaggio pulita per avviare la costruzione. Una mossa che sta diventando una costante, ma che lascia intravedere un’evoluzione: con il tempo, Spalletti potrebbe virare verso una difesa a quattro, avanzando Koopmeiners nel ruolo di regista basso davanti alla retroguardia. L’olandese, infatti, ha una naturale capacità di far “camminare la palla veloce sull’erba”, trovando linee interne e verticalizzazioni che permettono alla squadra di accelerare il ritmo della manovra.
In questo senso, il confronto con Locatelli è inevitabile: il centrocampista italiano garantisce quantità, aggressività e protezione, ma nella qualità del primo passaggio e nella capacità di dare velocità al gioco mostra ancora limiti. Spalletti, che vuole una squadra capace di dominare attraverso il possesso e la pulizia tecnica, sembra intenzionato a costruire un sistema dove Koopmeiners possa diventare il fulcro della manovra, dando fluidità e tempi giusti alla costruzione.
Nella metà campo offensiva si sono viste buone cose da Zhegrova, capace di portare vivacità e imprevedibilità sulla destra, mentre Yildiz ha sofferto un po’ la convivenza tattica con Cambiaso: i movimenti interni del terzino spesso lo spingono troppo largo, togliendogli possibilità di inserirsi centralmente e combinare nello stretto. È un aspetto su cui Spalletti dovrà lavorare, soprattutto in vista di un possibile 4-3-3 che garantirebbe maggiore equilibrio tra ampiezza e densità centrale.
La Juventus ha costruito, ma ancora una volta è mancata incisività negli ultimi metri. Contro un Torino compatto e basso, la squadra non ha quasi mai cercato la conclusione da fuori area, un’arma utile per sbloccare gare bloccate. Anche nei momenti di pressione offensiva, l’area di rigore è rimasta spesso poco riempita, con pochi uomini pronti a raccogliere cross e seconde palle: due aspetti che possono cambiare l’esito di partite decise sui dettagli.
Sul fronte difensivo, quando la Juve non riesce a recuperare subito il pallone, emergono ancora alcune fragilità. Nel primo tempo, Ngonge ha saltato la pressione e lanciato Simeone a campo aperto, ma l’argentino ha rovinato tutto con uno stop impreciso. Nella ripresa, in una situazione simile, è servita invece una grande parata di Di Gregorio per salvare il risultato: segnale che la squadra deve migliorare nella riaggressione e nel riposizionamento quando la pressione non è sincronizzata.
Spalletti sta costruendo una Juventus più moderna, capace di aggredire alta, palleggiare con pulizia e difendere avanzando. Ma per completare la trasformazione serviranno più precisione, cattiveria e attenzione ai dettagli: la scelta del tiro, il riempimento dell’area, il timing del pressing. La direzione è quella giusta, l’identità si sta definendo, ma per diventare una squadra da titolo la Juventus dovrà unire la qualità tecnica alla concentrazione feroce che Spalletti pretende in ogni fase di gioco.
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