Juve, Ghilardi, Bertola e quelle ennesime occasioni sprecate

Juve, Ghilardi, Bertola e quelle ennesime occasioni sprecateTUTTOmercatoWEB.com
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di Massimo Reina
Prima seguiti, infine ignorati: la Juve continua a snobbare giovani italiani dal grande potenziale, preferendo scommesse più costose e meno incisive.

C'è un vecchio detto, caro al calcio di provincia, che suona più o meno così: "Le grandi squadre non si costruiscono coi milioni, ma con l'intuito". Un motto che oggi risuona come un rimprovero alle orecchie della Juventus, troppo spesso affascinata da nomi altisonanti, troppo raramente disposta a scommettere — davvero — su giovani italiani di prospettiva.

Prendete Daniele Ghilardi e Nicolò Bertola. Due nomi, due storie, due potenziali colonne del futuro. Il primo, scuola Verona, già avvezzo alle battaglie di Serie A. Il secondo, cresciuto nello Spezia, un centrale che alcuni chiamano “il piccolo Cannavaro” non per caso. Gente che, con un progetto serio, può crescere, maturare, e diventare titolare in un top club. La Juventus? Prima li ha seguiti, poi ha dato l’impressione di volerli chiudere — soprattutto Bertola, libero da febbraio e per alcuni già “bloccato” da Giuntoli quando era lui a dirigere il mercato dei bianconeri. Ma alla fine, il tempo è passato, gli altri si sono mossi, e Torino è rimasta a guardare, come spesso accade quando c’è da spendere qualcosa anche solo in prospettiva.

Perché il problema è tutto lì: si preferisce investire su giocatori medi, costosi e senza identità, e intanto si lasciano scappare occasioni che non richiederebbero un assegno milionario, ma solo un pizzico di coraggio, e magari una sana fiducia nel talento italiano. Eppure, in una fase storica in cui la Juventus deve ricostruire con poco e bene, puntare su giocatori giovani, forti e a basso costo dovrebbe essere una regola, non un’eccezione.
Invece no. Si rincorrono sogni a 30 milioni, si temporeggia sui parametri zero, si tergiversa su profili come Ghilardi — valutato 15 milioni, ma per cui si potrebbe trattare con contropartite. E così, mentre altri club europei trasformano i loro “giovani sconosciuti” nei nuovi Bellingham o Musiala, la Juve si accontenta di giocatori né carne né pesce, senza progetto né rendimento. Un circolo vizioso che porta sempre allo stesso epilogo: occasioni perse, soldi spesi male, e la solita conferenza stampa in cui si parla di “transizione”.