Spalletti: "L'addio all'Italia mi toglie il sonno. Vi dico di quali calciatori non mi priverei mai"

Intercettato dai microfoni de La Repubblica, l'ex ct della Nazionale italiana Luciano Spalletti ha ripercorso il suo doloroso addio alla panchina degli Azzurri:
"Non mi passa mai. Mi toglie il sonno, mi condiziona in tutto, perché il pensiero torna sempre lì. Certe volte mi sembra di essere felice, poi però dopo un attimo mi torna in testa quella cosa lì. Non sono riuscito a far capire ai ragazzi che gli volevo bene. Quando mi hanno proposto di guidare la Nazionale non ci ho dormito due giorni: la cicatrice sarà dolorosa anche quando avrà fatto il suo percorso di guarigione.
Se è stato un errore accettare quell’incarico? No. Anche perché la Nazionale non chiede, la Nazionale chiama. Non si sceglie se accettare, non c’è una riflessione razionale da fare. Quando la Nazionale chiama, deve gonfiarsi il petto e devi metterti a piena disposizione... Ecco, forse questo è uno dei concetti che stiamo perdendo.
Se l'ho detto ai calciatori? Il mio errore è stato, all’inizio, pigiare troppo su questo senso di appartenenza, di identità. Chiedere di cantare l’inno. Di fare un grido di battaglia prima di ogni allenamento. Volevo stimolare quell’orgoglio che provavo io, ma è stato troppo.
Se è vero che in Italia non ci sono più grandi calciatori? No, l’ho detto anche a loro: non vi fate fregare da chi dice che siete scarsi: siete di alto livello. Anche se è finita così e la responsabilità è solo mia, non mi priverei mai di Bastoni, Barella, Dimarco: del mio gruppo storico, insomma. Dopo l’Europeo eravamo tornati a fare le cose giuste, ho pensato che avessimo trovato la via. Ma, come succede a volte nelle nostre campagne, tu scavi il solco per l’acqua, ma quella prende una strada sua. E scava, e scava e alla fine si crea una voragine".
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