L’orizzonte bianconero

L’orizzonte bianconeroTUTTOmercatoWEB.com
© foto di Gianfranco Irlanda
domenica 6 novembre 2022, 21:51Editoriale
di Roberto De Frede
Non far caso a me. Io vengo da un altro pianeta. Io ancora vedo orizzonti dove tu disegni confini. (Frida Kahlo)

La Juventus per questa stagione ha lasciato prima del previsto (i famosi ottavi di finale…) il dolce fardello della Champions, caricandosi però dell’altrettanto onere pregno d’onore di poter essere finalmente protagonista nelle tre competizioni rimanenti. Eppure, nonostante tutto, questo amaro saluto alla Champions mi ha ricordato una frase, che sento qui riportarla beneaugurante, da La bella estate, il romanzo breve di Cesare Pavese: «Quando ci lasciavamo non ci pareva di separarci, ma di andare ad attenderci altrove».

Attendendo quindi Godot-Champions… l’Europa League non deve essere vista come una degradazione, bensì un nuovo importante torneo da vincere e da mettere in bacheca, avendo anche l’occasione in caso di trionfo di disputare la Supercoppa Europea e di prendere parte di diritto alla successiva Champions. Del resto l’europeizzazione della Vecchia Signora cominciò nel lontano 18 maggio 1977 con il primo trofeo continentale vinto, la massacrante Coppa Uefa – antesignana dell’Europa League -, nella grande battaglia del San Mamés contro l’Athletic Bilbao. Era la Juventus tutta italiana, mista di calciatori esperti e già leggende (Zoff, Boninsegna, Furino, Bettega, Benetti, Causio) e giovani campioni (Gentile, Scirea, Tardelli), con la voglia di colorare tutti i campi del mondo di bianconero, guidata da Giovanni Trapattoni. La Juventus di oggi, non certo si può dire essere formata da calciatori tutti nostrani per ovvi motivi di congiunture di mercato, ma che sia formata da un mix di professionisti che abbiano la voglia di vincere mi sento di affermarlo, nonostante il cammino grigio e velato percorso sino a qualche partita fa. Dopo tutto se camminassimo solo nelle giornate di sole, scriveva Paulo Coelho, non raggiungeremmo mai la nostra destinazione. Da chiedere un ultimo sforzo, o meglio forse il primo dell’anno visto che sino ad ora le sofferenze sono state degli increduli tifosi: vincere i prossimi tre incontri di campionato contro Inter, Verona e Lazio, per varcare il ponte della lunghissima e anomala sosta mondiale con animo più sereno e con l’obiettivo di rientrare in campo il 4 gennaio contro la Cremonese, per uscirne da grandi vincitori a giugno. Esattamente come guardare l'orizzonte, un qualcosa che al momento sembra a noi così lontano, irraggiungibile. Eppure, se lo stiamo osservando così ardentemente da qua, vuol dire che qualcosa ci dev'essere là, magari la gloria, la vittoria, la gioia stanno guardando noi, senza vederci ma sapendo bene che ci siamo. Sinonimo di sconfinata libertà, la parola orizzonte deriva invece dal greco ὁρίζω (orízo), col significato di «limitare», «stabilire un confine»: se sia frontiera oppure sbarra, porto aperto oppure chiuso, spetta all’orgoglio e alla forza della squadra scoprirlo, fatta anche di giovani…circostanza alquanto normale, ma che ultimamente sembra essere diventato un caso da commentare – a mio avviso - inutilmente.

I giovani hanno più bisogno di esempi che di critiche, ma stavolta i nostri calciatori anagraficamente più “fortunati” hanno insegnato molto a tutti, ricordando che in campo si scende per conquistare la palla in ogni zona del rettangolo verde, correndo da professionisti non per un quarto d’ora ma per tutta la durata del cronometro ufficiale, tentando colpi di classe senza aver paura di sbagliare e son certo che quelle magie, e mi riferisco in particolare a Nicolò Fagioli, non sono fatte per esibizionismo e buttate lì per caso, ma perché insite e marcate a carattere di fuoco nel suo dna. Da oggi in poi dunque non meravigliamoci più di questi giovanotti, anche perché sarebbe molto più anomalo se vedessimo in campo un cinquantacinquenne! Hanno riportato quell’entusiasmo sopito, e soprattutto l’idea che il successo non viene solo con la vittoria, ma anche dal desiderio di vincere. Quindi non classifichiamo più, quasi “ghettizzandoli”, i giovani distinguendoli dai “vecchi”, creando un’altra difficoltà: sono tutti calciatori facenti parte della rosa della Juventus, e come tali tutti convocabili per giocare una partita di calcio, a cominciare da quella di stasera.

Già, stasera c’è Juventus-Inter. Un libro secolare scritto e riscritto ma mai finito, perché composto da emozioni infinite e le emozioni non avranno mai un punto finale, ci sarà sempre una pagina bianca da colorare dopo il novantesimo minuto. Un duello che ha percorso la storia d’Italia dagli anni trenta ad oggi, senza mai perdere lucentezza, narrando in ogni partita la nostra stessa vita, con sconfitte e successi, senza rimorsi né rimpianti, non rinnegando ciò che si è vissuto per decenni, perché sempre fedeli alla propria maglia. Qui, in questa pugna bianconerazzura davvero il calcio, come affermava Jean Paul Sartre, diventa una metafora della vita o quella addirittura contraria che la vita è una metafora del calcio. Comunque la si voglia vedere, calcio e vita sono indissolubilmente connessi e il calcio contiene tanto della nostra vita: è ballo, combattimento, idioma, letteratura, competizione, caso, simulazione, ebbrezza. Ancora, è politica, affari e soldi, poesia e scienza, prosa e arte. Tutto questo è Juventus-Inter, il primo tassello di quell’orizzonte bianconero luminoso di vittorie, ben lontano si spera da quello nebbioso che guarda il viandante nel capolavoro ottocentesco di Caspar David Friedrich.