Caos Serie B, FIGC a due facce: tra garanzie, ritardi e silenzi che fanno rumore

Caos Serie B, FIGC a due facce: tra garanzie, ritardi e silenzi che fanno rumoreTUTTOmercatoWEB.com
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di Nerino Stravato
Mentre il calcio giocato vive le emozioni finali tra promozioni, salvezze e retrocessioni, il sistema che dovrebbe gestirlo affonda sempre di più nel caos. La Serie B ne è l’ultimo, ennesimo esempio. La penalizzazione inflitta al Brescia ha congelato i playout, costringendo la Lega a rinviare il calendario e lasciando nel limbo squadre, giocatori e tifosi. Con la nuova classifica, i playout — che avrebbero dovuto disputarsi tra Frosinone e Salernitana — verrebbero riformulati, coinvolgendo Salernitana e Sampdoria, con i blucerchiati improvvisamente rientrati in corsa per evitare la retrocessione in Serie C. Uno scenario che ha scatenato proteste da piazze storiche come Salerno e Brescia, esasperate da decisioni prese fuori dal campo e in tempi dilatati.
 
Nel frattempo, la Sampdoria è finita al centro di un’altra bufera: alcune ricostruzioni giornalistiche hanno ipotizzato un presunto ruolo attivo della FIGC come “garante” per il club blucerchiato, tesi smentita con fermezza dalla stessa Federazione, che ha parlato di notizie "false, gravi e diffamatorie" in un comunicato ufficiale (vedi nota FIGC).
Il crescente malumore e scetticismo nasce in un contesto di continua sfiducia, alimentato da una gestione che appare sempre meno trasparente e coerente, dove le regole sembrano cambiare a seconda dei casi e delle pressioni.
 
Esempio lampante di questa incoerenza è quanto avvenuto in Serie C, dove due club come Taranto e Turris sono stati esclusi dal campionato a metà del girone di ritorno, dopo mesi di problemi economici noti a tutti. Perché permettere a certe società di iscriversi, per poi farle saltare a stagione in corso? Chi tutela la regolarità del campionato e il lavoro delle società virtuose?
 
Torna alla mente il caso Juventus e plusvalenze. In quella vicenda, la giustizia sportiva ha agito con un’efficienza quasi teatrale, vantandosi di essere “rapida ed efficace”. Tuttavia, “padre tempo” sta smascherando quelle sentenze affrettate, rivelando falle sistemiche, incoerenze e discrepanze che hanno generato confusione e alimentato polemiche. Si è passati da una giustizia esemplare a una giustizia incerta, dove ogni sentenza sembra scritta su sabbia.
 
Il calcio professionistico italiano è ormai saturo: troppi club, troppi debiti, troppi compromessi. Ogni anno fallimenti, penalizzazioni e contenziosi si ripetono come un copione stanco. Le istituzioni intervengono sempre troppo tardi o con logiche che appaiono più politiche che sportive. Non serve più tappare falle con decisioni d’urgenza: serve ripensare tutto.
 
È chiaro che sarebbe opportuno cercare delle soluzioni. Una riforma radicale e strutturale. Ridurre il numero di squadre professionistiche, imporre limiti di spesa sostenibili, controlli rigorosi e verifiche preventive sui bilanci. La giustizia sportiva dev’essere chiara, equa, coerente e soprattutto credibile.
 
Solo così potremo tornare a un calcio in cui conta il campo, e non le aule dei tribunali, con il ritorno alla fiducia da parte di tutti. Solo così si potrà ridare dignità a un movimento che oggi rischia di affondare sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.