Heysel, 29 maggio 1985: il dolore oltre il calcio

Heysel, 29 maggio 1985: il dolore oltre il calcioTUTTOmercatoWEB.com
giovedì 29 maggio 2025, 23:20Primo piano
di Nerino Stravato
Doveva essere una serata di gloria, un’occasione unica per scrivere la storia. La Juventus sfidava il Liverpool nella finale di Coppa dei Campioni, a Bruxelles. Ma il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel, il calcio morì.
 
Poco prima del calcio d’inizio, nel settore Z, destinato ai tifosi juventini, un’ondata di violenza e caos travolse tutto. Gli hooligan del Liverpool sfondarono le recinzioni, centinaia di persone fuggirono in preda al panico. Un muro crollò. Il bilancio fu drammatico: 39 morti, la maggior parte italiani, e oltre 600 feriti.
 
Gaetano Scirea, con voce spezzata, parlò ai tifosi al megafono per cercare di calmare gli animi:
“Vi parlo da sportivo e da uomo. Rimanete calmi, la partita si giocherà solo per evitare altre tragedie.”
 
Si decise, in un clima surreale, di disputare comunque la gara. La Juventus vinse 1-0, con un rigore trasformato da Michel Platini. Ma nessuno festeggiò davvero.
 
Platini, tempo dopo, ricordò:
“Ero felice sul momento, non sapevamo cosa fosse successo. Poi mi hanno detto che c’erano dei morti. Allora tutto ha perso senso.”
 
A fine partita, i giocatori bianconeri fecero il giro di campo con la coppa in mano. Fu un momento surreale, quasi fuori dal tempo. Non conoscevano ancora la vera portata della tragedia. Quel gesto, frainteso da molti, fu il frutto dell’ignoranza del dramma in corso.
 
Giampiero Boniperti, presidente della Juventus, disse con amarezza:
“L’Heysel è una ferita che non si rimargina. Avremmo preferito perdere quella partita, e non piangere i nostri tifosi.”
 
Tra le vittime, anche Roberto Lorentini, medico e padre di famiglia, morto nel tentativo di salvare altre vite. Suo figlio Andrea, allora bambino, si salvò. Oggi, Andrea è uno dei custodi della memoria dell’Heysel. Anni dopo, ha detto:
“Li abbiamo portati lì per un sogno. Non dovevano morire per una partita.”
 
L’eco della tragedia fu enorme: l’UEFA squalificò per cinque anni tutte le squadre inglesi dalle competizioni europee (sei per il Liverpool), e l’Europa intera si interrogò sul senso del tifo, sulla sicurezza negli stadi, sull’umanità oltre il calcio.
 
Oggi, ogni tifoso juventino conosce quella data. Non come un ricordo di vittoria, ma come un momento di lutto. Ogni 29 maggio, più che una ricorrenza sportiva, è un giorno di silenzio e rispetto.
 
Heysel non è solo uno stadio. È un simbolo del dolore del calcio.
Un monito. Un lutto che ancora chiede memoria.