Juve, ora decide tutto l’algoritmo: ma non era meglio il Pendolino di Mosca?

La Juventus affida la sua rinascita a Damien Comolli e ai suoi numeri: niente più osservatori, dirigenti o tecnici con esperienza. Al loro posto, il vangelo del “moneyball”: algoritmi e data analysis per scegliere calciatori, allenatori e magari pure lo chef della mensa. Non serve più andare a vedere un ragazzino di 17 anni che gioca sulla spiaggia di Setúbal o in un campo spelacchiato della Valsusa. Non serve più parlare con l’allenatore della Primavera, o col preparatore atletico che ti dice se uno strappa, se ha testa o solo gambe. Alla Juve basta l’algoritmo.
Damien Comolli, nuovo plenipotenziario bianconero, ha quindi deciso: niente Massara o Tognozzi (che già è pronto per l’Arsenal), dentro Viktor Bezhani (che fino a ieri era un nome da quiz notturno su Telelombardia), e via pure la figura classica del direttore sportivo: il futuro è tutto nella riga di codice. L’algoritmo decide tutto. Chi comprare, chi vendere, chi far giocare e chi salutare. Non c’è spazio per il fiuto, per il dubbio, per l’intuizione. Non si accetta che la vita, e quindi anche il pallone, sia una faccenda imprevedibile.
Pare che il buon Comolli già prima di insediarsi abbia contattato Conte e Gasperini per discutere insieme di progetti futuri alla Juve. Sì, proprio a loro: come si allena una squadra moderna, come operare in sinergia strettissima con l’algoritmo. Come se servisse spiegare a due maestri del campo che la palla è rotonda e che il pressing si misura in byte.
I risultati? Sotto gli occhi di tutti. Perfino Marco Silva – che ai tempi di Thohir si giocava la panchina dell’Inter con Frank De Boer – sembra sia rimasto basito. Raccontano che abbia ricevuto una telefonata da Comolli e sia rimasto lì, occhi sgranati, come chi riceve un quiz a trabocchetto mentre stappa un caffè. E in fondo, ha ragione lui. Perché quando un algoritmo ti spiega il calcio, la prima reazione dovrebbe essere sempre la stessa: spegni il computer, vai a vedere una partita vera, respira l'erba, guarda un bambino che calcia. Poi ne riparliamo.
A questo punto, meglio davvero il Pendolino di Maurizio Mosca. Almeno lì, si rideva. Qui no. Qui si rischia di perdere l’anima, oltre che le partite.
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