Juve, il dopo Vlahovic è l'erede di Rudy Voeller: bianconeri sul bomber della Germania
Dopo Vlahovic, la Juventus sembra guardare oltre confine, verso la Germania. Il nome nuovo è quello di Jonathan Burkardt, classe 2000, tedesco di Magonza, l’ultimo tassello di un club che non vince trofei ma cresce talenti con pazienza. Burkardt non urla il suo talento: lo sussurra, silenzioso, preciso, con lo sguardo da regista che osserva, valuta, decide. Chi sa ascoltare, capisce subito di avere davanti un calciatore diverso.
Lo scorso anno, al Magonza, 19 gol tra Bundesliga e coppa nazionale: numeri di tutto rispetto per chi non gioca nel Bayern Monaco, per chi non ha riflettori accesi e non è aiutato da battage mediatico. Quest’anno, l’Eintracht Francoforte lo accoglie e lui risponde subito: 9 gol già segnati, 3 in Champions, tra i palcoscenici più duri e insidiosi d’Europa.
Il punto, però, non è solo il talento: è l’ambiente, la cultura, il modo in cui un club piccolo ma serio sa valorizzare un giocatore. Burkardt cresce con dignità, misura le sue giocate, si costruisce senza fretta e senza clamore. Una lezione che, se letta dalla Juventus, può essere utile: non basta comprare nomi, non basta inseguire riflettori. Serve pazienza, visione, scouting intelligente, coraggio di investire dove serve, ma con progetto. La Juve cerca talento, e Burkardt lo è. Ma la vera sfida resta un’altra: trasformare questo talento in vittorie, inserirlo in un sistema che non può permettersi di essere spettatore. Perché la Juventus non è solo un club: è storia, passione, milioni di tifosi che pretendono di vedere il talento tradursi in risultati.
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