La minestra riscaldata… può anche essere saporita!

La minestra riscaldata… può anche essere saporita!TUTTOmercatoWEB.com
Altro che minestra! CAMPIONE!
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domenica 5 giugno 2022, 14:23Editoriale
di Roberto De Frede
Se la storia si ripete, e accade sempre l'inatteso, quanto incapace dev'essere l'Uomo a imparare dall'esperienza. (George Bernard Shaw)

Una situazione passata che si vuol far rivivere ma che non ha più il valore di un tempo, o almeno così si crede, viene appellata “minestra riscaldata”.

Nel mondo del calcio questo simpatico accostamento culinario viene usato quando un calciatore, o un allenatore, dopo qualche anno di glorie o di mezzi fallimenti con altre casacche, torna alla base, al primo amore. In primis parlare di minestrine, quindi di piatti alquanto poveri, nel mondo dello sport fa un po’ sorridere, ma andiamo avanti. La storia bianconera ci insegna che spesso qualche ritorno di fiamma, se mantenuta ben alta e viva, male non fa, e illumina e riscalda come prima e più di prima.

Ricordiamo con piacere qualche “minestrina” che si è accomodata per esempio sulla panchina juventina.

Carlo Parola, centromediano della Juventus dal '39 al '54, celeberrimo per la rovesciata contro la Fiorentina immortalata dalla Panini (quella delle figurine), allenò i bianconeri dal '59 per 3 stagioni, vincendo due Scudetti e due Coppe Italia. La sua prima avventura si chiuse nel '61, per incomprensioni con la società, ma venne richiamato subito dopo per concludere una poco fortunata stagione '61-'62. Nel '74, richiamato dall'ex compagno Boniperti, diventato nel frattempo presidente, rientrò per l'ultima volta alla Juventus. È un ritorno fortunato. Rivince subito lo Scudetto.

Giovanni Trapattoni fu chiamato a rapporto da Boniperti nel ’76 e in bianconero vive un decennio d’oro, diventando il primo e unico allenatore a vincere tutte le maggiori competizioni per club. Passò all’Inter, ma dopo 5 anni, nell’estate del '91, richiamato a Torino, davanti ai microfoni disse: “La Juventus è un po' nel mio DNA, la conosco bene. È come un drago a sette teste, gliene tagli una ma ne spunta sempre un'altra. Non molla mai”. Restò per un triennio e, prima di salutare, aggiunse al palmares un’altra Coppa Uefa nel ’93, regalando la sua immensa esperienza a calciatori che diventeranno il fulcro della successiva Juventus intercontinentale.

Marcello Lippi, arrivò a Torino nell'estate del '94, per sostituire proprio il "Trap". Con la triade Bettega-Giraudo-Moggi la Signora ripartì sotto la supervisione di Umberto Agnelli. Stupisce, si fa amare dalla piazza e vinse subito lo Scudetto. Poi ne vince altri due e mette in bacheca la Champions League del '96, portando la squadra a giocare tre finali consecutive nella competizione. Nel ’99 le dimissioni, in un periodo difficile, e nel 2001 il ritorno dopo una parentesi all’Inter: "Sono molto orgoglioso che mi abbiano richiamato, vuol dire che la scorsa volta ho lavorato bene. Spero di non deludere i dirigenti che mi hanno voluto di nuovo qui”. Così vince l’epico Scudetto del 5 maggio e quello dell’anno successivo, centrando la sfortunata finale di Champions a Manchester (2003), ultimo atto della sua storia bianconera.

Massimiliano Allegri… già anche lui è un “ritorno”… beh troppo presto per commentare; ne riparliamo l’anno prossimo di questi tempi, a minestra consumata e a medagliere, si spera, aggiornato.

E dei calciatori cosa possiamo dire?

Precursore del ritorno in bianco e nero, il Barone Franco Causio approdò alla Juventus di Heriberto Herrera nel '66; giocò poco e decise di cambiare aria. Va via per due anni: alla Reggina e poi al Palermo, per farsi conoscere e stupire. Nel ’70 torna e sarà il padrone della fascia destra.

Paolo Rossi, il Pablito nazionale, arrivò a Torino nel ‘72, a 16 anni. Dopo una manciata di presenze, lasciò i bianconeri e iniziò il viaggio che dopo Como, Vicenza e Perugia lo riportò di nuovo alla corte dell’Avvocato, per diventare leggenda.

In epoca più recente ricordiamo l'uruguaiano Martin Caceres, ritornato per ben tre volte, quindi se fosse stata riscaldata sarebbe stata anche indigesta nel suo caso, e invece vince 6 Scudetti, 3 Supercoppe italiane e 2 Coppe Italia.

E infine, dimenticandone sicuramente qualcuno, Leonardo Bonucci, il nostro ormai nuovo fisso capitano, che dopo una sciagurata e inutile parentesi rossonera è tornato a casa, da vincente e baluardo insostituibile della difesa e Alvaro Morata, grande cuore bianconero che per questioni monetarie purtroppo forse lascerà di nuovo l’Allianz.

Tutto questo per dire che PAUL POGBA non mi sembra una minestrina riscaldata, insipida, insapore e indigesta; anzi mi da più l’idea di una tavola imbandita di leccornie e primizie, pronte per essere gustate, se i commensali sono quelli giusti e sanno stare a tavola.

Associo al mercato il caos…e nella confusione, con un pizzico d’esperienza, si possono fare anche degli affaroni.

Attenzione: se si compra Pogba e poi vengono ceduti Mckennie, Rabiot e Deligt siamo punto e daccapo, ma non di certo per colpa della presunta minestrina Pogbiana ma per l’eventuale incapacità ad imparare dall’esperienza (vedi ultimi mercatini!). La squadra deve essere competitiva, e per diventare europea ha necessità di avere campioni con la C maiuscola in campo, e se sono sui trent’anni… fiat voluntas! Del resto io non ricordo una squadra che alzava al cielo la coppa dalle grandi orecchie fatta di ragazzini! Voi?

Quindi Pogba sia il benvenuto, così anche Di Maria (che almeno non si può parlare di riscaldamento, semmai di stagionatura…), ma a condizione che i campioni o semi-campioni che già ci sono restino al loro posto, con la speranza di vederne degli altri!

Ben vengano dunque le minestrine riscaldate, almeno mangeremo qualcosa di caldo e non ci rimane sullo stomaco un piatto freddo a buffet!