La Juve non muore mai: quando cade, prima o poi si rialza e riscrive la storia

La Juve non muore mai: quando cade, prima o poi si rialza e riscrive la storiaTUTTOmercatoWEB.com
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sabato 31 maggio 2025, 15:07Primo piano
di Massimo Reina
Ci vorrà un po' di tempo, ma la Juve tornerà più forte di prima, pronta a scrivere di nuovo la storia – quella vera, lunga, radicata negli anni.

Quanto vale oggi la Juventus? No, non in termini economici, ma simbolici, tecnici, progettuali. Vale ancora qualcosa? Fino a pochi anni fa, era la squadra più ambita d’Italia, il traguardo massimo per qualsiasi allenatore, il sogno segreto di ogni calciatore. Oggi, invece, sembra un club in perenne fuga da sé stesso, logorato da tensioni interne, scelte contraddittorie e un senso di smarrimento che non accenna a sparire. 

Ma dietro a tutte queste paure, questa smania di cambiamento e questa frenesia, c’è un’unica, solida certezza. Una certezza che nasce proprio dalla storia, quella storia lunga e piena di gloria che la Juventus ha scritto con fatica e orgoglio. Ogni cosa è destinata a finire, anche i periodi più neri, i momenti in cui tutto sembra crollare. Perché la Juve non muore mai. Come l’araba fenice sa rinascere dalle proprie ceneri, ancora più forte, più determinata, più carica di futuro.

Non sono bastati né Calciopoli, né le polemiche, né gli anni passati in Serie B, né il doppio pesismo di media e giustizia sportiva a scalfire davvero questa montagna. Nemmeno la lunga attesa prima dell’era Andrea Agnelli ha spazzato via un’eredità costruita con nove scudetti consecutivi, un record che nessuno, neanche nella fantasia più sfrenata di chi gioca sulla PlayStation, riuscirà a eguagliare.

E allora sappiatelo: torneranno i campioni. Torneranno gli eroi chiamati a difendere un nome, una maglia, un’identità che non si svende al primo momento di crisi. Perché è sempre stato così, per la Juventus. E sarà sempre così. Arriveranno altri fenomeni, quelli che non si contano e che ogni volta sembrano arrivare a Torino come chiamati da un destino superiore. Da Omar Sivori a Michel Platini, da Zinedine Zidane a Alessandro Del Piero, passando per Zlatan Ibrahimović, Carlos Tévez, Cristiano Ronaldo, Gaetano Scirea, Gianluigi Buffon, Pavel Nedved, Antonio Cabrini… potremmo andare avanti all’infinito. Un carosello di campioni che ha scritto pagine indelebili del calcio mondiale. E che hanno fatto, insieme ai dirigenti e allenatori un punto di riferimento per gli altri club, tra invidie e gelosie.

Talmente forte da essere presa come modello dagli altri, che per provare a vincere si sono affidati ai suoi ex giocatori, ai suoi allenatori, ai suoi dirigenti, gli stessi che per anni magari offendevano e disprezzavano, salvo poi idolatrarli dopo. Anche recentemente. Anche solo per assaggiare quel nettare dolce e raro che è il gusto dello scudetto bianconero. Ma quel gusto, per gli altri, dura quanto il battito d’ali di una farfalla: effimero, leggero, quasi inesistente. A Torino, invece, i cicli nascono, muoiono e rinascono come in un eterno ritorno. E durano un secolo.

È questa la differenza. Tra un club che costruisce il futuro mattoncino dopo mattoncino, decennio dopo decennio, anche commettendo errori, e chi invece cerca l’effimero, il risultato rapido, il successo di breve durata. Tra chi è storia e chi invece prova a copiarla, senza riuscire a entrarci davvero dentro. La Juve resta la Juve. Anche se oggi sembra smarrita, anche se la sua identità vacilla, quel nome, quella maglia, quei colori hanno un peso che nessuno può cancellare con un semplice colpo di mercato o una stagione fortunata.