Il presupposto sbagliato del ritorno di Allegri e la crescita immediata che l'allenatore deve fare...

Il presupposto sbagliato del ritorno di Allegri e la crescita immediata che l'allenatore deve fare...TUTTOmercatoWEB.com
mercoledì 25 maggio 2022, 06:40Editoriale
di Vincenzo Marangio

Premessa iniziale: questo non è un attacco diretto a Massimiliano Allegri, tecnico che stimo tantissimo, e non è un'apologia ad Antonio Conte. 
Definito questo aspetto ho cercato per tutta la stagione di capire i motivi che hanno reso così complicato, e a tratti incomprensibile, il cammino della Juventus targata, di nuovo, Allegri. D'accordo, il tecnico livornese non è mai stato un "giochista", e neanche mi interessa che lo sia, ed è sempre stato un grandissimo tattico (grazie anche al lavoro di Landucci) attento soprattutto alla fase difensiva ma senza escludere totalmente la fase offensiva. La Juventus del suo quinquennio d'oro era una squadra pratica, è vero, spesso attendista, ma mai rinunciataria. Una squadra che, piacesse oppure no, era vincente. Perché aveva dei valori assoluti in rosa? Certo. Perché aveva abitudine a vincere e a restare ad alta quota? Vero. Perché era più squadra di tutte? Sacrosanto. Ma allora perché quest'anno la Juventus di Allegri è apparsa: svogliata, disorganizzata, fiacca, rinunciataria e senza idee?

Questa domanda mi ha tormentato tutto l'anno: perché Allegri non era più Allegri? Perché la sua impronta non si vedeva più, perché anche nella comunicazione, suo cavallo di battaglia, è venuto meno, lanciando input sbagliati, facendo anche lì una difesa ad oltranza passiva senza provare a risvegliare qualcuno, a tornare a capo dello spogliatoio a risvegliare quello spirito sopito? Poi ho pensato a chi è subentrato il primo Allegri e a chi e cosa è subentrato il secondo Allegri, e qualcosa è cominciato ad essere più chiaro. Il primo Allegri subentrò al mini-ciclo Antonio Conte, tre scudetti, un cammino non altrettanto importante a livello europeo, ma tremendamente efficace in Italia con record su record inanellati e una testimonianza di forza impressionante a prescindere da chi fossero gli interpreti. Una squadra che Conte ereditò da Delneri, totalmente da ricostruire nello spirito, nella forza, nel carattere, nell'appartenenza e nell'intensità. Tutto ricostruito nella bollente estate del 2011, nella struttura dei Philadelphia Eagles, con 35 gradi e un'umidità pazzesca. La squadra che scende in campo ad allenarsi già alle 20, dopo essere atterrata alle 19, mentre in Italia sono le 2 di notte. Poi comincia il tour de force: giocatori invitati a sudare, e solo chi non si ferma avrebbe giocato titolare, gli altri avrebbero dovuto poi rimontare. Nasce lì la cattiveria, lo spirito di sacrificio, il senso del lavoro, l'intensità e la forza della Juventus. Una squadra che dominò in Italia per 3 anni, che venne poi abbandonata malamente proprio da quel condottiero che la forgiò con il fuoco, e che venne ereditata da Massimiliano Allegri.

Quella fu la migliore eredità che potesse raccogliere il tecnico livornese che ama le sfide, e ha capacità tattiche camaleontiche superiori, così come superiore era la sua capacità di gestire i campioni che da lì in poi arrivarono. Allegri dominatore dello spogliatoio, tattico attento e ineccepibile capace di migliorare un lavoro già ottimo. Ripeto: capace di migliorare un lavoro già ottimo. Eccolo il presupposto fondamentale su cui poggiano le basi del lavoro eccellente del primo Allegri. A qualcuno poteva anche non piacere, ma era innegabilmente vincente.

Richiamare Allegri e pensare che questo bastasse a ricreare quella Juventus è stato l'errore della dirigenza e di chi, come il sottoscritto, credeva la cosa possibile. Perché il presupposto era totalmente cambiato. Questa volta Allegri ha ereditato una squadra passata prima per Sarri, scaricato dallo spogliatoio ad un mese dal suo arrivo e che ha vinto un campionato per inerzia chiedendo (e ottenendo) alla società la testa dell'allenatore; una squadra passata poi a Pirlo, allenatore neofita che ha cementificato e agevolato l'autogestione di uno spogliatoio ricco di individualità ma che piano piano aveva smarrito: senso di appartenenza, voglia di soffrire, cattiveria e fame. Quelle caratteristiche che trapiantò Conte e che raccolse e valorizzò Allegri. Quelle caratteristiche che adesso Allegri dovrà trapiantare, prima di pensare a tutto il resto. La società lo ha capito, ed ecco perché, perso anche Chiellini, ha scelto di affiancare ai giovani anche campioni affermati e maturi, che possano dare una mano al tecnico nell'evocazione di uno spirito perduto, meglio se questi big hanno conosciuto l'anima Juve, come Pogba.

Si riparte da qui dunque: da campioni che siano esempio per giovani che devono essere allenati prima nelle gambe, poi nella resistenza, poi nello spirito e poi, soltanto alla fine, gestiti. Ed è qui che Allegri dovrà crescere, e farlo in fretta...