C'è da stare più tranquilli di quanto le iene (e le plusvalenze) dicano

C'è da stare più tranquilli di quanto le iene (e le plusvalenze) dicanoTUTTOmercatoWEB.com
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport
venerdì 3 dicembre 2021, 07:45Opinionista per un giorno
di Bianconeranews Redazione
Cerchiamo di fare chiarezza sulla questione delle plusvalenze. Per evitare di generare inesattezze pericolose (Vincenzo Greco)

C’è un de profundis intorno alla Juve che mi sconcerta e mi sorprende, per come è artatamente costruito. Lo vedo ovunque, nelle tv come sui giornali, come sul web e negli immancabili social.  Cerchiamo di fare chiarezza sulla questione delle plusvalenze.

Innanzitutto, visto che continuo a leggere di falso in bilancio, sarebbe bene avvertite giornalisti e titolisti che dal 2015 tale reato non c’è più, è stato sostituito con quello di false comunicazioni sociali, che non è proprio la stessa cosa.

È quel reato, previsto dall’art. 2662 del codice civile, commesso dai titolari di una società che “al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci e nelle comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero … in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore”.

Dunque, le vittime di questo reato sono o i soci o il pubblico. Attenzione, non un qualsiasi pubblico ma un pubblico che ha a che fare con la società per azioni. Quindi, non il tifosotto che non vede l’ora di sbarazzarsi della Juve ma, per esempio, coloro che acquistano azioni e che hanno rapporti professionali ed economici con la società. 

Perché questo reato possa dirsi commesso si deve dimostrare due eventi:
a) Che le plusvalenze siano “fatti materiali” non rispondenti al vero;
b) Che l’esposizione di tali fatti abbia creati un danno ai soci o a un pubblico qualificato e differenziato.

Questi due eventi vanno rigorosamente provati. Nel diritto penale, si sa, visto che in gioco c’è la libertà personale, “in dubio pro reo”. 

Ora, e siamo al punto a), che il gonfiare la valutazione di un giocatore sia un fatto materiale è cosa piuttosto difficile da provare. È una valutazione e, quindi, più facile assimilarla a una opinione che a un vero e proprio fatto materiale. 
E in democrazia, a differenza dei fatti, che possono dirsi veri, le opinioni non sono né vere né false: è in una dittatura che ci sono opinioni vere, ed altre false. 

Certo, c’è un limite a tutto. 
Forse Pjanic non valeva 60 milioni, come Arthur non ne valeva, e non ne vale, 70. Ma allo stesso modo di come Oshimen non vale 20 milioni pagati cash più 50 pagati con giocatori che poi non hanno giocato. 

Altro tassello fondamentale dell’impalcatura democratica: la legge è uguale per tutti, e la giustizia pure. In questo caso, pare che valga solo per la Juve, come se certi giocatori non siano stati scambiati con altre società, e come se anche altre società non abbiano fatto ricorso alle plusvalenze. È una cosa odiosa. Oggi alle varie iene ridens sui giornali può fare comodo, ma farà male a tutti una volta instillato il veleno dentro il sistema sanguigno della democrazia, perché varrà per qualsiasi altra questione, anche lontanissima da quelle calcistiche e juventine. 

PUNTO B -  Quale danno, pure fosse dimostrata la plusvalenza come fatto materiale non rispondente al vero, si sarebbe inferto ai soci e al pubblico è cosa ancora più misteriosa. 

Questo non vuol dire che nei bilanci si possono, anzi devono, scrivere falsità e fesserie. Ma se la norma oggi è congegnata così, è proprio perché si tratta di una norma penale. Se a bilancio si scrivono falsità, saranno altre le norme ad essere applicate. Per arrivare ad applicare quelle penali, in base alle quali si toglie la libertà per anni ad una persona, ci devono essere cose gravi, come l’aver inferto un danno. La norma dice anche di più: il danno va inferto “consapevolmente”. 
Persino la consapevolezza di voler infliggere un danno ai soci o al pubblico va provata. Ed è cosa difficilissima, come è giusto che sia. Perché non si mette in galera una persona solo sulla base di uno spettacolo giudiziario, di pregiudizi, di tifo e antitifo calcistico, di rumors e pettegolezzi o di vendette per il tentativo di superare il  monopolio dell'Uefa, e relativi interessi politici, con la storia della Superlega. 

I solerti procuratori di Torino ci proveranno. Del resto, ci aveva già provato uno di loro, Gianoglio, anni fa incriminando per questioni simili Moggi, Giraudo e Bettega. E il giudice gli rispose che il fatto non costituiva reato. Intanto i giornali già parlano di pressioni popolari verso una dura condanna della Juve.

Non si rendono conto di cosa sia in gioco. Con la democrazia si dovrebbe scherzare di meno. Non lo impone solo un dovere deontologico e professionale, ma lo impone il senso ultimo dell’essere cittadino di uno stato democratico. 

Sono parole pesanti, capisco, Molto meglio, e più facile, scrivere “cosa rischia la Juve” e buttarla come al solito in caciara. Ma tutto questo è l’anticamera della morte del giornalismo. Una professione già da tempo minata da comportamenti strumentali, clientelari e sostanzialmente schifosi. Continuate così, fatevi pure del male. 

Sarete seppelliti da un cicaleccio simile a quello che si sente alla fine di quel capolavoro che è “La domenica delle salme” del grande Fabrizio De André. Apparentemente non c’entra con i nostri temi. E invece c’entra eccome, se pensiamo che è una disamina lucida e sconsolata di come la democrazia abbiano già fatto il funerale. “Mentre il cuore d’Italia, da Palermo ad Aosta, si gonfiava in un grido di vibrante protesta”. E giù il cicaleccio, a dimostrare la vacuità di tale vibrante protesta.

di Vincenzo Greco - Pensieri bianconeri