La catena dei rimpianti e le nuove decisioni che attendono Agnelli

La catena dei rimpianti e le nuove decisioni che attendono AgnelliTUTTOmercatoWEB.com
venerdì 17 dicembre 2021, 07:45Opinionista per un giorno
di Vincenzo Greco
Il "pensiero bianconero" di Vincenzo Greco sulla slavina delle troppe decisioni affrettate. Si fermerà o arriveremo a rimpiangere anche Pirlo?

È come nelle slavine.
All’inizio pare una scivolata dalla quale ci si rialzerà presto, poi invece si capitombola giù sempre più veloci, ad affanno si aggiunge affanno e i gesti per rialzarsi sono goffi e persino controproducenti.
L’inizio della slavina è coinciso con l’esonero di un allenatore che aveva appena centrato il quinto scudetto consecutivo, vinto con abbondante anticipo. Il problema era, vi ricordate, il c.d. bel gioco. Aggravato dalla oggettiva inferiorità, di gioco e fisica, dimostrata contro l’Ajax.
Un esonero che tuttavia sembrò arrivato su commissione: a furia di sentire i vaticinanti imbonitori televisivi, da Adani a Sacchi a Cassano, gente che con Allegri o comunque con la Juve ha conti personali aperti, e quindi non certo prodighi di consigli disinteressati, i dirigenti juventini si sono convinti che non bastava più vincere scudetti ed essere pur sempre stabilmente di media tra le prime otto d’Europa ma bisognava puntare, magari proprio per arrivare sul tetto d’Europa, su un gioco propositivo, d’attacco, di dominio.

Nulla di sbagliato in sé.
Ci stava questo ragionamento. Meno ci stava aprire però le porte ad uno dei nostri principale hater, quel Maurizio Sarri convinto che gli scudetti si vincano e si perdano in albergo, e non sul campo, e grazie a fatturati e al fatto di indossare maglie a strisce. E ancora meno ci stava pensare che il fine ciclo potesse riguardare solo Allegri e non anche gran parte della rosa.
Sarri, tra pandemie e lockdown, più grazie ai gol di Dybala e Ronaldo che al gioco visto solo a sprazzi, ha comunque vinto il campionato. Il giudizio sull’allenatore che ci ha fatto vincere il finora ultimo scudetto è in chiaroscuro, perché deve tenere conto proprio di questa importante vittoria (ha ragione a dire che è stata sottovalutata) ma anche della umiliante eliminazione dalla Champions.
Il giudizio sull’uomo a capo di un gruppo è più oscuro, condizionato dal fatto di non essersi affatto inserito nell’ambiente Juve, probabilmente vittima dei suoi stessi pregiudizi, che non ha abbandonato varcando la soglia bianconera, ma addirittura ha alimentato, confermando tutto il livore che aveva con battutine, frecciatine, atteggiamenti non certo da comandante.

Nell’anno sarriano, nonostante lo scudetto conquistato, la slavina è tuttavia continuata e qualcuno, che solo un anno prima festeggiava all’esonero di Allegri, già cominciava a rimpiangere il passato. Poi accade che pure Sarri viene esonerato, più a causa della (prevedibile) incompatibilità ambientale che dei risultati, e la scelta cade su Andrea Pirlo.
Ma la slavina continua, ancora più ripida, si scende in classifica, si perdono partite contro squadre che retrocederanno, e riprende la catena dei rimpianti, persino su Sarri.

Un destino comune, dunque, lega tutti gli allenatori recenti della Juve. E al quale non pare sottrarsi neppure l’Allegri 2.0, nel frattempo richiamato a condurre la squadra.
Anche su di lui, infatti, come in una maledizione, comincia ad abbattersi quella frase di rimpianto “stavamo meglio l’anno scorso, che almeno abbiamo vinto qualcosa” che si è abbattuta sui suoi predecessori.
Non aiuta neppure la visione della nota serie Amazon, in cui vediamo un Pirlo che, nonostante i tanti passi falsi, viene seguito dalla squadra e, alla fine della stagione, sembra avere trovato la via giusta e una compattezza che ha consentito di vincere la Coppa Italia, battendo in finale la forte Atalanta, e di qualificarsi in Champions arrivando quarti, si all’ultimo momento ma pur sempre a un solo punto dal secondo posto. Piazzamento che ora, per dirla con le parole di Dybala, si otterrebbe solo grazie a un miracolo.

Il punto è che ci sono state troppe decisioni di pancia, inusuali per la mentalità Juve.
A ben pensarci, anche il richiamo di Allegri appartiene a questo novero di scelte, una sorta di ammissione di errore e il tentativo di tornare indietro nel tempo e rimettere le cose come stavano.
Ma, come ci canta Fiorella Mannoia, “il tempo non torna più”, e questo tentativo può rivelarsi come una pia illusione di rimettere a posto cose che si sono già ampiamente frantumate.
Andrea Agnelli, il cui errore è stato di lasciarsi trascinare in una decisione di esonero di cui non era affatto convinto, richiamando Allegri sembra più voler rincorrere il tempo ormai sfuggito e l’errore che fu.
E anche in questo passo pare avere peccato di lucidità, perché non si è lasciato alcuna via d’uscita, considerato l’altissimo ingaggio di Allegri e i quattro anni di contratto.

Però, attenzione.
L’ingaggio prevede 7 milioni più 2 di bonus, che non arriveranno perché dipendenti dalla qualificazione in Champions, che pare sempre più lontana, o dalla vittoria della Champions, che ora come ora è una chimera. E anche i tempi contrattuali non saranno più un legame perché, se la Juve non si qualifica in Champions, la società può risolvere immediatamente il contratto con Allegri, senza corrispondergli più nulla.
Insomma, Agnelli sarà anche quest’anno chiamato, se la stagione non avrà un momento di svolta - e segnali in questo senso non se ne vedono proprio - ad una nuova decisione, di cui ora neppure si parla, perchè Allegri pare saldissimo. Ma se dovessimo continuare a galleggiare sulla linea del settimo/ottavo posto, una riflessione andrà pur fatta.
E quindi, confermare Allegri o cambiare per il quarto anno di fila allenatore?

La prima scelta potrebbe dare quella stabilità persa, e che spesso ha contraddistinto il mondo Juve, con il rischio, tuttavia, di insistere nel voler rievocare e far rivivere qualcosa che non c’è più.
La seconda scelta potrebbe segnare un momento di vero cambiamento e di svolta, chiamando magari un allenatore giovane che punti sull’organizzazione di gioco (uno su tutti, Italiano) e che non abbia nulla di personale contro il mondo Juve, con il rischio, tuttavia, di proseguire l’effetto di un curioso contrappasso che sta avvenendo da qualche anno: mentre l’Inter, copiando il modello vincente Juve (anche acquisendo alcuni uomini chiave di tale modello), ha ripreso a vincere, la Juve scende sempre più giù copiando il peggior modello interista, quello dei continui cambi di allenatore, degli ingaggi altissimi a giocatori mediocri, delle scelte di pancia e non di ragione.

Che bel dilemma.

Vincenzo Greco - Pensieri bianconeri