Pogba sulla Juventus: "Non era dalla mia parte durante la squalifica. Non mi ha aiutato"

Pogba sulla Juventus: "Non era dalla mia parte durante la squalifica. Non mi ha aiutato"TUTTOmercatoWEB.com
Paul Pogba
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di Luca Cimini

Paul Pogba, ex centrocampista della Juventus e campione del mondo con la Francia, ha concesso una lunga intervista a TF1, dove ha raccontato con sincerità le difficoltà attraversate negli ultimi mesi e i suoi progetti per il futuro. Tra squalifica, minacce, la lontananza forzata dai campi e il desiderio di tornare a giocare, Pogba si confessa senza filtri.

Il dramma della squalifica e il senso di isolamento

"Era come se mi dicessero che il calcio per me era finito. Non capivo nulla. È stato molto, molto difficile. Non ero pronto", ha raccontato Pogba, ricordando il momento in cui la squalifica ha cambiato radicalmente la sua vita. «Essere condannato senza alcuna spiegazione, senza che nessuno mi ascoltasse davvero, è stato uno shock. Ho dovuto lasciare l’Italia anche perché i miei figli andavano a scuola vicino al centro di allenamento. Ogni giorno passavo con loro e mi chiedevano quando avrei giocato di nuovo. Io non ce la facevo più».

La delusione per il mancato supporto della Juventus

Pogba ha anche spiegato il suo rapporto con la Juventus in quel periodo delicato: "Chiesi aiuto, ad esempio un fisioterapista o un preparatore atletico, perché facevo ancora parte della Juventus. Ma non ho ricevuto nemmeno quello. Non erano davvero con me. È stato un duro colpo, non ero in guerra con loro"

Tra i momenti più difficili, Pogba ha vissuto anche episodi di minacce e rapine. "È stato triste, persone che mi stavano a cuore, li consideravo fratelli. Nel quartiere ci frequentiamo tutti insieme, siamo cresciuti insieme... non si può immaginare una cosa del genere", ha raccontato. La paura lo ha spinto a restare in silenzio per proteggere la famiglia, ma anche a pregare per trovare la forza: "Durante il Ramadan ho chiesto aiuto ad Allah. Ho pregato e qualcosa è scattato. Ho deciso di parlare. Anche se fossi dovuto morire, questo denaro sarebbe dovuto andare ai miei figli".

Il rapporto con il fratello e la famiglia

Nonostante le difficoltà, Pogba ha sottolineato l’importanza della famiglia: "Siamo in contatto, abbiamo parlato tra noi e con la famiglia. Il sangue è sangue. C’è una cicatrice, ma stiamo andando avanti. La cosa più importante è che la famiglia resti unita. La preoccupazione principale è per la mamma, che non ha più 20 anni, e per lo stress che può uccidere".

Infine, Pogba guarda al futuro con speranza e voglia di riscatto: "Nonostante l’età, sono ancora come un ragazzino. Mi piace giocare con la palla e dribblare. Sono tornato il ragazzo che ero a Roissy-en-Brie, pronto a iniziare la sua carriera. Tutto dipenderà da me, a patto che trovi una nuova squadra, cosa che non è ancora avvenuta. Monaco? Stiamo parlando sì".