Potrebbe essere l’inizio di una nuova alba bianconera, per tornare grandi, rischiando e senza paura?

La Juventus pare abbia ripreso il timone in mano del suo destino, ricominciando a mettere almeno in campo quella voglia di giocare a calcio per vincere e per ritrovare momenti di gloria che da sempre sono sinonimo del bianconero. Il mercato è ancora misterioso, caotico, poco vivace e molto contraddittorio, ciononostante si spera nei colpi sensazionali dell’ultimo minuto.
Intanto si scorge un inizio, un primo ingresso, un primo passo di un lungo cammino in un dentro enorme. Cos’è un inizio? È la nuova scrivania di un ufficio, un’alba di un nuovo giorno? Oppure è quando iniziamo a leggere una favola, nonostante ne conosciamo già il finale: «e vissero tutti felici e contenti». Che l’inizio sia la partenza per un viaggio?
Se la scienza insegna che l’alba non sia altro che la prosecuzione del cosiddetto “giorno dopo giorno”, è chiaro che l’inizio, tecnicamente, non esiste se non dispone di una carica filosofica. Sulla nuova scrivania, portiamo tutto quello che impariamo dalla vecchia; da una porta del cuore che si chiude, ereditiamo ciò che ci servirà per affrontare un nuovo amore. Così, se non decidiamo noi stessi che un evento sia un inizio, le cose che accadono si susseguono come una ruota che gira senza fine e di conseguenza senza origine. «L’atto, il fatto di cominciare, di dare avvio a qualche cosa» è la definizione di Treccani che taglia la testa al toro. Vivendo in un mondo digitalizzato, potremmo dire che l’inizio sia un pulsante start tirato in giù. Potremmo risvegliare la filosofia eterna e dire che «l’inizio è la parte più importante del lavoro», come scrisse Platone ne La Repubblica, un dialogo che prese forma fra il 380 e il 370 a.C.
Questa Juventus di Tudor, seppur ancora incompleta, mancando almeno sino ad oggi di un paio di grandi colpi di mercato nei reparti di difesa e centrocampo, sta dando nuova linfa a se stessa e ai suoi tifosi.
«Penso spesso che sarebbe bello ricominciare ogni giorno come se fosse il primo, come se fosse l’alba, quando non si sa mai che cosa succederà perché ci si trova in una suspence dell’esistenza estremamente fragile» si legge in Scritto di notte, l’opera più straordinaria frutto della penna di Ettore Sottsass. L’architetto e scrittore di Innsbruck, nelle pagine iniziali della sua autobiografia, scrive prima degli addii e poi degli inizi, prima delle conclusioni e poi delle origini, non facendo altro che porre in primo piano che la vita è adesso, è ricominciare sempre di nuovo per arrivare agli obiettivi prefissati.
Fra sette giorni comincia il campionato: la Juventus si gioca lo scudetto, non il quarto posto. La stagione nuova alle porte cerca di riscattarsi dalle difficoltà dell’anno scorso. È un inizio carico di speranza e sentiamo la necessità di voltare una pagina che nulla aveva a che fare col bianconero, priva di vittorie e trionfi.
Ci sono dei versi di Cesare Pavese, oggi così attuali, che descrivono quello che succederà - in un nuovo, ipotetico, inizio. «Sarà un cielo chiaro / si apriranno le strade / sul colle di pini e di pietra. / Il tumulto delle strade / non muterà quell’aria ferma. / I fiori spruzzati / di colori alle fontane / occhieggeranno come donne / divertite. Le scale / le terrazze le rondini / canteranno nel sole. / S’aprirà quella strada, / le pietre canteranno, / il cuore batterà sussultando / come l’acqua nelle fontane - / sarà questa la voce / che salirà le tue scale. Le finestre sapranno / l’odore della pietra e dell’aria / mattutina. S’aprirà una porta. / Il tumulto delle strade / sarà il tumulto del cuore / nella luce smarrita. / Sai tu - ferma e chiara».
Con questa poesia del 1950 Passerò da Piazza di Spagna, il poeta piemontese chiude la sua celebre raccolta del 1951, intitolata Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. La dedicataria della poesia, che nel finale appare «ferma e chiara», era la bionda attrice statunitense Constance Dowling, la stessa protagonista di You, Wind of March redatta dall’autore proprio nei giorni precedenti.
Oggi mi si permetta di dedicarla all’affascinante e sempreverde Vecchia Signora come buon auspicio, affinchè riappaia nella realtà vincente e passionale e non in una semplice illusione sulla scalinata di Trinità dei Monti, come la donna amata da Pavese.
La Juventus negli ultimi tempi ha dato l’immagine di una nave ancorata in un porto, con le vele calate, rinunciando ad affrontare il mare aperto, rinunciando a dare un senso del suo essere. Ora è giunto il momento di avere il coraggio di rischiare, di tornare se stessa, di affrontare le paure e le gioie della navigazione: deve alzare le vele e prendere i venti del destino, perché chi ammaina le vele muore, nella sua immobilità, anche senza correre rischi.
Roberto De Frede
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