Un filo invisibile legava tutto quello che è successo ieri: l'odio contro la Juventus paga, ma chi l'ama come Conte non ne può fare a meno

C'è un filo invisibile che collega tutti gli eventi accaduti ieri sera, che sintetizzano il malcostume tutto italiano, la voglia di spiare e la necessità di odiare. Che spiega cosa significa stare dalla parte della Juventus o contro di lei. Che evidenzia, come una selezione naturale, chi rispetta se stesso, gli altri e, soprattutto, l'informazione e chi invece calpesta tutto e tutti per un po' di audience in più. Per cavalcare l'onda, alzare ascolti, sentirsi più importanti o, semplicemente, sfogare il proprio odio verso una squadra o una persona.
Mi sono ben guardato dal vedere l'intervento del pregiudicato (potrei usarne il nome per favorire l'indicizzazione del pezzo, ma non mi serve, non mi interessa, non mi svendo, lo cito perché purtroppo esiste e serve a spiegare ciò che voglio raccontare) alla Rai che, farebbero bene a ricordare, è la tv di Stato, quella pagata da tutti noi obbligatoriamente e verso i quali la stessa azienda avrebbe l'obbligo di pensare bene prima di sperperare soldi in personaggi loschi e malavitosi. Dicevo che mi sono ben guardato dal vedere quell'intervento, prima di tutto perché fino all'ultimo ho sperato che si facesse un passo indietro rispetto a questa scelta scellerata, e, soprattutto, perché mi piange il cuore a vedere come ci si è ridotti per fare ascolti. Ma le parole del pregiudicato sono uscite un po' dappertutto e non potevo non leggere le scempiaggini infinite dette. Non entrerò nello specifico perché mi fa ribrezzo pensare che si sia scesi così in basso, ma quello che ho letto sono chiacchiere da bar, nessuna notizia, solo gossip pallonaro buttato a caso e con il dito puntato verso un ragazzo colpevole più di essere della Juventus che del grave errore commesso per colpa di una patologia. Quello che ho letto, e a cui è stato dato spazio, è il solito livore anti juventino, la strada migliore per uscire dall'anonimato o per garantirsi ribalta anche quando non si hanno argomenti convincenti. Quello che ho percepito è che il personaggio in questione ha pompato la curiosità pubblica talmente tanto da non sapere cosa venderle e allora, nel dubbio, si spara sulla Juventus, alimentando la solita narrazione di una società che chissà quali maneggi fa. Mentre nessuno si continua a fare la più facile delle domande: ma se è questo club a comandare tutto, se è così forte politicamente allora perché è sempre l'unica o quasi a pagare? Domanda troppo arguta da farsi in un Paese di pettegoli, sempliciotti e creduloni.
Dicevo che un filo sottile sembrava unire tutti i tasselli ieri, come un clamoroso puzzle. Sempre la Rai, sempre la Juve. Ma in maniera indiretta e diversa. Questa volta il palcoscenico è Belve che intervista Antonio Conte. L'uomo cresciuto con la Juve, che l'ama e l'ha sempre amata a livello viscerale. L'uomo che la portò ai trionfi da capitano prima e da allenatore poi, andando via per un suo errore, scegliendo da amante ferito di allenare i rivali storici dell'Inter e portare uno scudetto per poi andare via anche da lì, con lo stato d'animo turbato di un uomo che aspetta di ritrovare la propria serenità, una serenità distrutta dalla morte degli amici Ventrone e Vialli, con i quali ha condiviso gli anni migliori in bianconero perché tutto per Conte ha il sapore della Juventus. Una fragranza che non gli dà tregua. Il dito medio alzato ad Agnelli, sempre da amante ferito, il pentimento anni dopo e quel sogno che non svela ma che tutti intuiscono. E più di tutto quella frase che spiega benissimo perché le inchieste in Italia si fanno soprattutto contro la Juve, perché i giornali si vendono se il mostro da sbattere in prima pagina è la Juventus, che sui social guadagni consensi se attacchi o metti in dubbio la Juventus, che i criminali diventano eroi se sparano sulla Juventus. Quella frase che spiega tutto: "La Juventus è sempre stata vista un po' come la squadra da battere, e tra virgolette anche da odiare. Giocare e allenare la Juventus non è da tutti perché hai tutta l'Italia contro".
Amen.

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