7 minuti e un finale di fuoco per ricordare a tutti che la Juventus è tornata

7 minuti e un finale di fuoco per ricordare a tutti che la Juventus è tornataTUTTOmercatoWEB.com
La voglia di giocare e vincere
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
martedì 11 gennaio 2022, 09:23Opinionista per un giorno
di Roberto De Frede
Una rimonta che fa bene alla salute; solo alla fine si potrà dire se contro la Roma è stato l’inizio di una nuova era. Per ora siamo un po' più felici.

Le rimonte storiche di mister Allegri forse sono ben altre, ma questa contro la Roma ha avuto un sapore epico d’altri tempi. Del resto per rimontare ci vuole una forza fisica e di volontà superiore alla stessa vittoria; è come navigare in salita contro la corrente di un fiume per arrivare alla sospirata sorgente, fonte di gloria.

La partita contro i giallorossi ha evidenziato in maniera inequivocabile come il gioco del calcio sia la metafora della vita, vera e propria cellula germinale delle infinite variazioni possibili. Nel calcio può accadere che undici calciatori, inspiegabilmente per settanta minuti trasformati da una strega cattiva in tronchi inanimati, si ritrovano all’improvviso nel bel mezzo di una giornata eroica. Probabilmente l’orgoglio di indossare la maglietta bianconera è finalmente prevalso sui limiti tecnici e qualitativi che affliggono per ora la Juventus.

Sette minuti, brevissimi e infiniti, hanno trasformato una maledetta Caporetto in una indimenticabile vittoria. Un gran Morata sostituisce un evanescente Kean e Arthur, che per la prima volta dimentica il suo caratteristico retropassaggio suicida, fa bella mostra al posto di uno spento Bentancur. Locatelli e Kulusevski , al 70° e al 72°, portano il risultato da uno spettrale 3 a 1 ad un 3 a 3 insperato. Ma ecco che al 77° dal nulla sbuca un terzinaccio, Mattia De Sciglio, trafelato dalla gran corsa e, con una certa tremarella per il sapersi proiettato davanti alla storia, la mette proprio lì dove Rui Patricio non può arrivare. Il pallone è in rete. È il nostro “4 a 3", numeri che armoniosamente scanditi per un risultato sportivo fanno da soli venire i brividi, rimembrando gesta d’eroi in terra messicana.

Partita finita? Macchè… chi osa affermare alcunché di preciso in materia calcistica è destinato a sbagliare 7 volte su 7, se gli va bene! Dalla cabina di regia, in cui il calcio è ridotto a videogioco, il grande fratello VAR scende in campo e decreta un calcio di rigore per la Roma, espellendo il biondo guerriero olandese. Siamo in dieci. Entra capitan Chiellini, la cui sola presenza in campo, centuplica le forze dei suoi compagni; uno sguardo al suo portiere Szczesny, prima dell’esecuzione di Pellegrini… e il polacco rende indimenticabile una fredda serata romana.

Forse da quel 70° minuto i nostri eroi hanno preso sul serio il gioco del calcio, smettendo di essere dei guastafeste per loro stessi e per noi. Che sia la nascita di una grande squadra? Solo a fine campionato si potrà dire, intanto ci resta, e non è poca cosa, una meravigliosa vittoria vissuta al cardiopalma. Per fare una grande squadra che giochi con naturalezza è necessario creare un gruppo di amici che giochi con virtù e conoscenza e, soprattutto con la voglia di giocare e di divertirsi. Quando si raggiunge questa condizione ci si sente, giocando, a un passo dalla felicità. O, forse, chissà, si è proprio felici senza saperlo. All’Olimpico, da quel fatidico minuto settanta sino agli abbracci dopo il fischio finale, ho cominciato a vedere tutto questo.