La Signora che non seduce più: cosa resta oggi della Juventus?

La Signora che non seduce più: cosa resta oggi della Juventus?TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport
sabato 31 maggio 2025, 13:03Primo piano
di Massimo Reina
Da club più ambito per ogni allenatore di prestigio a tabù: tra confusione programmatica e continui reset, il fascino della Vecchia Signora è svanito?

Una volta la Juventus era un punto d’arrivo. Per gli allenatori, per i dirigenti, per i calciatori. Una cima innevata, austera, da guardare con rispetto anche da lontano. Un club che non si sceglieva per caso. Oggi, invece, qualcosa si è incrinato. Lo si avverte in filigrana, come si avverte la polvere sotto un tappeto troppo lustro.

Da qualche anno, e più ancora dopo l’allontanamento di Andrea Agnelli, la Juve pare essere precipitata in una spirale di confusione, negatività e malinconia organizzativa. Si è smarrita l’aria di comando, quella sobria arroganza sabauda che l’aveva sempre contraddistinta. Si è rotta, in parte, perfino quell’idea di professionalità che la separava – anche nel silenzio – dal resto del campionato. Eppure, molti dirigenti e tecnici validi ci sono stati i questi anni e, un paio, ci sono ancora. Ma l’ingranaggio, a occhio nudo, pare inceppato.

Basta osservare i nomi: Antonio Conte ha detto no, Gian Piero Gasperini pure. Due ex juventini, due simboli di idee forti, di metodologie chiare. Due rifiuti che pesano più di una sconfitta sul campo. Perché oggi la Juve, da traguardo, è diventata incognita. Il progetto tecnico è una bozza su carta velina, e ogni rifondazione sembra l’eco stanca di quella precedente.

Nel frattempo, si rischia di dilapidare quel poco di patrimonio rimasto. Bremer, Cambiaso, Thuram, Kalulu, Yildiz: nomi che in mano a un tecnico giusto – uno vero, non un esperimento – e dentro una programmazione sensata, potrebbero riportare la Juve almeno a competere. Non per l’utopia della Champions, ma per lo scudetto. E soprattutto per riabbracciare la normalità, che in casa Juventus vuol dire una cosa sola: tornare a vincere.

Ma vincere non è un riflesso incondizionato. Richiede lavoro, pazienza, idee. Quelle che oggi sembrano mancare. E la sensazione – amara ma concreta – è che la Juve non faccia più paura. Che non seduca più. E che, se non cambia davvero passo, rischi di restare a lungo una bella addormentata con la maglia a righe.