Massimo Dante ricorda l'Heysel a RBN: "Una tragedia che mi ha cambiato, non si può morire per una partita"

Nel corso della puntata che oggi “Cose di Calcio” ha dedicato al ricordo della tragedia dell'Heysel, è intervenuto Massimo Dante, che quel giorno era presente allo stadio, proprio nell'ormai famigerato Settore Z: “Allora avevo 23 anni, eravamo in otto e dato che allora non c'erano ancora i telefonini, la nostra priorità era comunicare ai parenti a casa di essere vivi, ero convinto che mia madre stesse guardando la partita in tv perchè tifosissima della Juve, e sapeva anche che io mi trovavo proprio nel punto dello stadio dove si svolse la tragedia. Quando cominciammo a fuggire, io mi diressi verso il campo, pur consapevole che mi sarei beccato qualche manganellata dalla polizia che presidiava la zona. Fu una scelta saggia e da lì io e i miei compagni riuscimmo poi ad uscire. Chiedevamo a chiunque di darci la possibilità di fare una telefonata e ricordo ancora le due signore mi fecero entrare in casa e mi fecero avvertire i parenti, nonostante io fossi in condizioni pessime e completamente sconvolto.
Le donne mi guardavano impaurite mentre parlavo al telefono e quando andai via, pur di ringraziarle in qualche modo, mi svuotai le tasche e non so nemmeno cosa o quanti soldi lasciai loro. Come è normale che sia, quell'esperienza mi ha cambiato, mi sforzai di rientrare subito in uno stadio perchè sapevo che se non fossi rientrato subito non l'avrei fatto più, ma da allora tra la folla soffro ancora l'ansia. Sono rimasto un tifoso ma trovo inconcepibile l'odio nel calcio, perchè non si può morire per una partita”.
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