Rampulla: "Mio padre, juventino, mi fece diventare portiere. Che emozione lo Scudetto del '95"

Rampulla: "Mio padre, juventino, mi fece diventare portiere. Che emozione lo Scudetto del '95"TUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 07:23Altre notizie
di Daniele Petroselli

Michelangelo Rampulla ha raccontato la sua carriera a TMW Radio. E sui suoi inizi ha confessato: "Devo ringraziare mio padre che ha sempre creduto in me. Era un grande appassionato di calcio, ma ci ha sempre creduto. Da ragazzino pensavo di diventare un calciatore, sognavo di giocare a San Siro, all'Olimpico, al San Paolo, poi è successo e posso dire di essere stato fortunato. Papà è sempre stato un grande tifoso bianconero, sono cresciuto con quei colori. Sono cresciuto nel mito di tanti portieri, perché mio padre era appassionato di portieri ed è lui che mi ha portato su quella strada. Come tutti volevo essere un attaccante, giocavo di nascosto da mio padre come attaccante, ma poi sono diventato portiere, perché lui mi allenava per questo. Sono cresciuto nel mito soprattutto di Zoff e di Anastasi. Il giorno che ho firmato per la Juve? Era molto contento. Non ha fatto grandi feste, ma come la prima volta che andai a fare il provino col Varese con Marotta. Quella volta mi disse 'Ti hanno preso? Lo sapevo'. Ma era poco propenso a manifestare il proprio entusiasmo, ma sono sicuro che fosse contentissimo".

E sempre sulla sua esperienza in bianconero, durata fino al 2002 sul campo, ha detto: "Fu una grande emozione, soprattutto la prima da titolare a Cagliari, al fianco di Roberto Baggio. Me la sono vissuta tutta quella sfida, ma anche gli anni successivi. Il ricordo più bello è il primo Scudetto nel 1995 contro il Parma, fu una baraonda incredibile nel post, ma mi ricordo perfettamente quella sfida. Me la sono goduta tutta, fino in fondo. Era il sogno di un bambino tifoso. Fu il massimo". Ma ha voluto anche ricordare Gianluca Vialli: "Ci conoscemmo nel 1981 con l'U21, ci siamo sempre guardati con grande stima e amicizia. Poi mi ricordo l'ultima mia partita con la Cremonese, giocavamo a Marassi, lui con la Samp, nel sottopassaggio ci siamo abbracciati e mi disse 'Vado alla Juve, vuoi venire con me? Allora ci metto una buona parola'. E alla fine andai anche io in realtà".

Ed è tornato sull'episodio di Perugia nel 2000 che costò uno scudetto ai bianconeri: "Non si doveva giocare. Non puoi aspettare più di un ora negli spogliatoi. Dopo 15' si doveva dire no. Noi volevamo giocare, ma ero accanto a Collina. Quel campo aveva più acqua che erba. La buttammo noi, perché ci mangiammo 4 gol. Loro giocarono con più leggerezza. Noi avevamo più pressione e in quei frangenti abbiamo avuto paura di vincere, come la ebbe l'Inter nel 2002 all'ultima con la Lazio".