Gravina e Abodi fanno proclami, ma davvero si farà pulizia nel calcio?

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venerdì 9 dicembre 2022, 00:00Editoriale
di Franco Leonetti

Nei momenti critici del calcio gli uomini delle istituzioni si espongono sistematicamente con proclami importanti. Prima le dichiarazioni del presidente della Federazione, Gravina, poi quelle di Abodi, Ministro dello Sport che amplificano il concetto. Il primo accenno dialettico del presidente federale così recitava: “…stiamo calmi perché sospetto che quel tema (Juventus) possa riguardare anche altri soggetti”, subito incalzato dal Ministro che ha rincarato la dose affermando:” Juventus? Un club che probabilmente non rimarrà il solo e questo ci permetterà di fare pulizia". Affermazioni che sembrerebbero propedeutiche, cristalline ed inoppugnabili nei loro contenuti, se non che, non va mai dimenticato e trascurato un fattore: siamo in Italia. E la storia non va scordata, anzi va rispolverata andando a sottolineare il nucleo centrale dei discorsi fatti nel passato, quando vicende singole e collettive scossero dalle fondamenta il sistema.

Perlomeno altre due volte, ma sono molte di più, abbiamo assistito ad esternazioni di tenore decisionista, quasi sibillino nelle intenzioni, salvo poi partorire risultanze diverse dalla pulizia totale, e men che meno sanando, definitivamente, le problematiche che attanagliavano il calcio italico in diverse epoche. Si erano sentiti discorsi tali in epoca Calciopoli, poi pagò solo la Juventus con un processo sportivo fatto in fretta e furia ai danni del sodalizio bianconero, celando, imboscando e mettendo da parte altri club. Oppure per giocatori e tesserati accusati di aver scommesso sul calcio. In quella circostanza i concetti estrinsecati dalle istituzioni, pallonare e non, si levarono alti spingendo la Magistratura cremonese e catanzarese, che si occupavano dello scandalo, a fare pulizia in modo radicale, non limitandosi semplicemente a colpire il singolo calciatore, che dovesse essere riconosciuto colpevole di frode sportiva. E come non ricordarsi delle alzate di scudi quando emerse il “caso Suarez”, con i media che spinsero per una deflagrazione a parecchi kiloton della vicenda, innescando solamente un petardino che vide uscire di scena la Juventus indiziata, nemmeno chiamata a processo.

Insomma, la tipica consuetudine italica è questa, in presenza del momento burrascoso, foraggiato ampiamente dalla pressione mediatica, le istituzioni decidono di richiamarsi alla formula di una pulizia totale e approfondita, senza concedere sconti a nessuno, salvo poi ammortizzare la conclusione delle vicende. Non andando fino in fondo e, di fatto, perdendo l’ennesima occasione per far concordare intenzioni e azioni. Le parole di Abodi e Gravina le abbiamo già ascoltate tante volte in passato da altri interpreti, e forniscono la netta impressione di uno stantio dejavu: sarà così anche questa volta? Non resta che attendere, ma il dubbio che anche questa volta la risultanza sia simile al passato si fa strada. L’ideale sarebbe far piazza sgombra, ripulendo ogni tipo di situazione sporca emersa nel calcio nostrano: ben venga la giustizia sempre, ma quella vera, con la G maiuscola, dove il trattamento viene riservato pariteticamente, secondo indizi probatori, poi accertati oggettivamente da procure e inquirenti.

Va bene il “repulisti” ma che lo sia per tutti, per tutti coloro che hanno agito fuori dai parametri e dalla giustizia sportiva e ordinaria. Ma un concetto deve essere chiaro e lapidario, che nessuno provi lontanamente a usare la Juventus come capro espiatorio e come esempio da punire per tentare di moralizzare il resto del calcio, con un procedimento da santa inquisizione. John Elkann lo ha già ampiamente dichiarato, la Juventus si difenderà da tutto e tutti per dimostrare la propria innocenza e di aver operato secondo le regole. O Gravina e Abodi saranno rivoluzionari nel proprio agire o il fallimento dei propositi potrebbe nascondersi dietro l’angolo.