Società, allenatore, squadra e tifosi: per il bene della Juve basta divisioni

Società, allenatore, squadra e tifosi: per il bene della Juve basta divisioni  TUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 16:43Editoriale
di Quintiliano Giampietro
Nella Juve è in atto l'ennesimo cambio radicale, in primis sul fronte societario: per ripartire serve maggiore unità da parte di tutte le componenti

Il noi davanti all'io doveva essere il grido di battaglia della Juve targata Giuntoli, salvo poi certificare qualche eccesso di personalismo e conseguente sgretolamento del gruppo. O meglio, la frattura tra Motta e la squadra, con la società colpevole di non essere intervenuta nel momento in cui la macchina bianconera stava per sbandare. Bastava mettersi attorno ad un tavolo, confrontarsi e trovare la soluzione. Come avviene in qualsiasi contesto di gruppo, tanto più se si tratta di top club. Invece non si è fatto nulla e alla fine, seppure tardivamente, l'allenatore è stato mandato via e pochi giorni fa stessa sorte è toccata al dt che l'aveva scelto. In buona sostanza, progetto fallito, anzi mai decollato. Ora è iniziata un'autentica rivoluzione, intanto ai vertici societari. Ognuno con ruoli precisi, non una sola persona responsabile di più ambiti. Comolli a capo di tutto, Chiellini primo referente con ampi poteri, manca il ds per completare il puzzle. La speranza di molti è di trovarsi di fronte ad una sorta di Triade 2.0, con “unità d'intenti” come parola d'ordine e magari ottenendo gli stessi risultati sportivi. Basta guerre interne. Davanti a tutti c'è la Juve. Sempre e comunque.

Il lavoro del nuovo gruppo dirigenziale dovrà riflettersi inevitabilmente sull'allenatore, quindi sulla squadra. Sotto questo aspetto Tudor (sempre se verrà confermato anche per la prossima stagione), dà ampie garanzie. Il bianconero lo sente dentro, lo ha dimostrato scegliendo una situazione da sostanziale precario. Senza certezze sul suo futuro. Poi i giocatori. Lo stesso Comolli, nel giorno della sua ufficializzazione ha detto: “L'obiettivo è vincere. Onorato di appartenere alla Juve, società unica per storia, prospettive e identità”. Ecco, l'identità, da troppo tempo latitante dalla parti della Continassa. Ogni singolo calciatore deve avere il senso di appartenenza. Come avveniva in passato. Essere parte integrante di un gruppo e mettersi a disposizione di esso, in nome della maglia che indossa. Tanto pesante, quanto prestigiosa. Vestirla deve essere un privilegio, un onore. 

E i tifosi? Il discorso è lo stesso. E' arrivato il momento di dare un calcio alle divisioni, troppe e sistematiche nelle ultime stagioni. Il popolo della Juve pare faccia parte di un Parlamento composto da diverse fazioni. "In" e "out" ormai sono all'ordine del giorno rispetto ad allenatori, giocatori, persino ai dirigenti. Ormai è una consuetudine emettere sentenze prima ancora di vedere all'opera le persone nei rispettivi ruoli. Ogni scelta sembra il pretesto per scagliarsi l'uno contro l'altro. L'idea personale davanti a quella altrui e spesso al bene della stessa Juve. L'apice di questa tendenza lo scorso anno, quando siamo arrivati ad un punto tale che molti sostenitori bianconeri speravano nella sconfitta, pur di vedere fuori Allegri, considerato il male assoluto. Qualcosa di clamoroso e inaccettabile, un offesa alla storia della Vecchia Signora. Semmai era la regola in altri mondi calcistici. Ognuno di noi ovviamente ha preferenza per un tecnico, un calciatore, anche un manager, ma alla fine si sostiene la Juve, Tutti insieme. La critica è lecita, ci mancherebbe, guai però a remare contro, soprattutto nei momenti di difficoltà. Il tifoso per antonomasia è un amante fedele. E i sentimenti vanno sopra ogni cosa. Altrimenti non sono tali.