Il paradosso del Palazzo che la vorrebbe fuori ma non può fare a meno della Juventus...

Il paradosso del Palazzo che la vorrebbe fuori ma non può fare a meno della Juventus...TUTTOmercatoWEB.com
lunedì 17 giugno 2024, 18:09Il tackle di Andrea Bosco
di Andrea Bosco

Modello 45: vale a dire gli atti “non costituenti notizie di reato”. Tradotto: quasi zero. È questo che il giudice Marcello Viola, capo della procura milanese, ha deciso dopo la presentazione dell'esposto di Jdentità Bianconera relativamente alle ipotizzate irregolarità contabili dell'Inter. Carte in tavola: pur con qualche “aiutino” arbitrale, lo scudetto dell'Inter non è in discussione. È stato meritato dalla squadra rivelatasi la migliore del torneo. In discussione è la “trasparenza” della proprietà Inter prima del passaggio ad Oaktree. In discussione sono i (ancora misteriosi) finanziatori del fondo Lionrock legati a Steven Zhang: quelli che hanno perso 150 milioni e non hanno alzato un ciglio, né a Milano, né alle Isole Cayman, dove Lionrock (attraverso una società di comodo) risultava iscritta. Tempo imperfetto: oggi Lionrock non figura più nei registri ufficiali. E quanto a Oaktree, la vicenda è intricata. Ma per farla capire (i dettagli su “Calcio e Finanza”) anche alla casalinga di Voghera: mai è stato “negoziato” il 31% da parte di Oaktree con Zhang. Come i media, a paginate, avevano “venduto”. Great Horizon (scatole cinesi) le quote di Lionrock le aveva già rilevate. Quindi Oaktree, con l'escussione di Great Horizon, non rilevò solo il 68,55%, ma il 99,96% dell'Inter. Semplifico: ben prima della (presunta?) vendita, l'Inter forse era già tutta di Oaktree. Ma della cosa nessuno aveva avuto comunicazione. Consultare le date (non ho voglia di illustrare il libro mastro dell'Inter) e verificare che il “passaggio” verosimilmente è avvenuto prima del maggio del 2024. Ma per provarlo, servirebbe indagare. Invece Marcello Viola ha ritenuto che la vicenda non presenti ipotesi di reato e quindi che non debbano esserci indagati. Il “Modello 45” è di “bassissima rilevanza” e la vicenda sarà archiviata. Così come il procuratore federale Chinè ha archiviato il fascicolo relativo al Milan e al passaggio di proprietà da Elliott ad altro “fondo”. Per la giustizia sportiva la vicenda milanista andava chiusa. A dire il vero, resta in piedi a Milano il faldone “penale”. Ma qualsiasi possa essere l'esito (e non è detto che anche questo non venga archiviato), la giustizia sportiva in ogni caso non interverrebbe. Non è il Milan (secondo la procura federale) ad aver – eventualmente – sgarrato. Oh bella: ma non si tratta della stessa procura federale e dello stesso Chiné che ha tolto dieci punti in classifica alla Juventus (a campionato in corso) chiudendo la partita plusvalenze prima che l'inchiesta Prisma sia terminata? Eh già, perché l'inchiesta Prisma (con la Procura di Torino che riversò sulla scrivania di Chinè una montagna di carte e di intercettazioni, dopo che “pietose manine” le avevano fatte arrivare ai giornali) che Torino non avrebbe potuto fare per “incompatibilità territoriale” è ancora in corso: a Roma. Così funziona la giustizia in Italia: a livello civile, penale e sportivo. Dipende dai PM e dai giudici. Ma nessuno deve azzardarsi a pensare che a Milano siano tanto insensibili alle vicende dell'Inter perché il dottor Marcello Viola, interista dichiarato, nel suo ufficio ha le pareti tappezzate con le foto dei campioni dell'Inter e con Ausilio e Marotta va a pranzo “en plein air” in un modo che qualcuno ha ritenuto “sfacciato”. Nessuno deve ipotizzare che il tribunale di Milano (“con una folta colonia di magistrati, impiegati e giornalisti di fede interista, cosa che fa lavorare in modo piacevole”, secondo il racconto di Fabio Roia, ex giornalista, nonché presidente vicario di quel tribunale) si faccia condizionare dalla fede di quella “folta colonia”. La magistratura è cosa seria. Non ci sono magistrati che gridano sul loro profilo social “Juve mer...”. Non ci sono magistrati trasferiti per averlo gridato. Non ci sono presidenti del Senato che vorrebbero fare il ministro dello sport “per distruggere la Juventus”. Lo dicono, ovviamente, in modo scherzoso. Così come scherzose sono le facezie sulla Juve di giornalisti, attori, comici, cantanti, influencer, scrittori, gente della moda, filosofi, prelati, parlamentari, presidenti della FIFA. Ci sono anche sindaci che tifano Inter: uno in particolare. E in passato (pace all'anima loro) ci furono anche Commissari Straordinari e Presidenti della FIGC “bauscioni”. Almeno Marcello Viola ha attivato il “modello 45”. La Covisoc, nominata da Gravina, la struttura di controllo che non controlla e che ha i giorni contati visto che il governo la sostituirà con una struttura indipendente (si spera), l'esposto inviato da Jdentità Bianconera lo ha cestinato trenta secondi dopo averlo ricevuto. Nel senso che lo ha archiviato. Sciocchezze prive di fondamento quelle che venti tra avvocati e revisori dei conti hanno ipotizzato.

Lenire, sopire: anche la Covisoc (che non legge “Dagospia” né “Calcio e Finanza”) ha (però) letto Manzoni. La situazione è questa. Guai se la Juventus dovesse tornare a vincere. Puntuale come la gramigna arriverebbe un'inchiesta per affossarla. Una volta l'hanno chiamata Calciopoli. Un'altra, “Plusvalenze”. Con la Juve basta il sospetto, con gli altri si archivia, si insabbia, si prescrive. Del resto, vanno sempre sul sicuro lorsignori: c'è chi del “patteggiamento” ha fatto un'arte. Qualche giorno fa la Juventus ha lanciato un messaggio ai tifosi: “Ci mancate”. Anche ai tifosi manca una società che sappia (e voglia) difendersi. Senza difesa, senza avere il coraggio di affrontare chi vive solo per distruggerti, non ci può essere futuro. Non contano gli allenatori, i giocatori, non contano i tifosi. Una società solida è quella che al momento giusto sa combattere. Che non “archivia” i propri dipendenti. Specie quelli che ti hanno fatto vincere scudetti e trofei in serie. Specie quelli che ci hanno messo la “faccia”. Quando altri hanno indossato una maschera. Se non si ha voglia di lottare, allora meglio sarebbe prendere la più drastica delle decisioni: lasciare il campionato italiano. Tenere una parvenza di Juventus nella Next, trasferendo il club in altre contrade. Un campionato senza Juventus piacerebbe a Gravina e alla televisioni che lo sostengono? Una UEFA senza Juventus piacerebbe a Ceferin? Una Juventus che aderisse alla Superlega (ops: hanno appena abiurato) non farebbe scalpore? E una Juventus che si formasse “franchigia” nel campionato USA che effetto avrebbe? Uno almeno lo avrebbe: non ci stiamo più a subire le porcherie di un sistema ingiusto e ce ne andiamo. Vorrei vedere l'effetto. Perché la Juventus al Palazzo serve come il pane. Per i suoi milioni di tifosi e per il suo blasone. È la Juventus che “tira” il sistema. Ma il Palazzo la sogna sempre un passo indietro. La sogna come nella stagione appena conclusa: competitiva fino a gennaio e poi spenta. La Juventus ha vinto troppo: l'Inter ha festeggiato la seconda stella, cartone incluso? La Juventus ne ha vinti (secondo la contabilità FIGC) 36. Ma tutti sanno che sono 38: conquistati sul campo. Non a tavolino. Una pera, la Juventus, in un cesto di mele. Serve cambiare il calcio nostrano fin dalle radici. Serve sloggiare il gattopardo. Serve riformare la giustizia sportiva. Serve una stagione di riforme. E allora si potrebbe anche pensare di restare. Altrimenti a che pro? A dar lustro a quelli che giocano con un mazzo truccato e la fanno sempre franca? Anche no: grazie. Quando le cose accadono spudoratamente è arrivato il momento di dire basta. Anche se sei anemico. Anche se la lotta ti ripugna. Anche se vedi tutto dall'altezza di un attico. E il resto del mondo ti appare un nido di formiche.