No alla Superlega, ma quali sono le vostre ricette?

No alla Superlega, ma quali sono le vostre ricette?TUTTOmercatoWEB.com
martedì 28 febbraio 2023, 12:15Primo piano
di Mirko Nicolino
Il presidente federale Gabriele Gravina ribadisce il no alla nuova competizione, ma ammette le difficoltà del calcio, senza proporre soluzioni

Siamo alle solite: no a prescindere al nuovo, senza però proporre alternative per uscire dall’impasse. Il presidente della Figc, Gabriele Gravina, ha parlato ieri nel corso di un webinar organizzato dall'Università Bocconi di Milano ribadendo la sua contrarietà alla Superlega. La competizione lanciata dalla società A22 Sports è ritenuta dall’alto dirigente la "risposta sbagliata a un problema che esiste ed è concreto". La sostenibilità del calcio è rischio e non da ieri, questo lo riconosce, ma non ci viene spiegato perché nessuno stia muovendo un dito. L’impressione è che per partito preso si dica sempre no ad ogni tipo di cambiamento per mantenere lo status quo e attendere dalla riva del fiume il passaggio dei cadaveri.

Gravina ribadisce che non si possa affrontare il "tema della competitività solo dal punto di vista dei ricavi",  e che "non dobbiamo mai perdere di vista la politica del contenimento dei costi". Tutto bello, a parole, ma la realtà dice che senza soldi non se ne cantano messe nel calcio moderno e il contenimento dei costi è un processo già in atto e naturale. Se di denaro non se ne ha in tasca, le spese si riducono drasticamente da sole. E quello che sta accadendo nel calcio italiano è emblematico, come abbiamo visto anche nell’ultima sessione di calciomercato di gennaio, quando i club nostrani hanno mosso un paio di decine di milioni di euro, contro i 922 milioni spesi dai club inglesi. Che più spendono perché hanno più ricavi.

Il problema che molti non comprendono o fanno finta di non comprendere, è rappresentato dalla diversificazione dei ricavi. Non è possibile, infatti, che i club italiani dipendano solo dai diritti TV e non abbiano entrate diversificate come quelli britannici, che incassano 10 volte di più da sponsor (perché hanno brand di valore a livello internazionale), attività commerciali connesse alle partite, merchandising e tutto il resto del cucuzzaro. Non è un caso, dunque, che Gravina dica poi che "negli ultimi 20 anni il nostro campionato ha perso gran parte del suo appeal. Dobbiamo avere tutti una visione più ampia e internazionale. Pensare e mettere in pratica un serio piano industriale con al centro la valorizzazione del brand e anticipare i bisogni dei tifosi del calcio nel futuro. La situazione del valore dei nostri diritti TV ci preoccupa molto, visto che la Serie A è la locomotiva del nostro movimento anche perché genera attraverso la mutualità. Se dovessero scendere in maniera importante si registrerebbe un danno irreparabile per tutto il settore calcistico italiano".

Quante belle parole, la valorizzazione dei brand, il coinvolgimento dei tifosi… Cosa si sta facendo concretamente in questo senso? Quanti club si stanno facendo il loro stadio di proprietà come la Juventus e pochi altri per abbandonare impianti fatiscenti risalenti all’inizio del 1900? Quali sono i marchi di Serie A, già incapaci di reperire sponsor di maglia di un certo livello, che stanno prendendo quote di mercato all’estero? A parte la proposta dei playoff per interrompere l’egemonia Juve, cosa si è fatto per la riforma dei campionati? Cosa si sta facendo per coinvolgere le nuove generazioni di tifosi più interessate a format di prodotti brevi (highlights e simili) e spesso incapaci di assistere ad una partita di  calcio per intero? La risposta è semplice: nulla di nulla. Continuiamo ad ascoltare slogan completamente vuoti, no a chiunque proponga qualcosa di nuovo o vicino ai modelli funzionanti all’estero (come Eurolega e NBA del basket ad esempio) e rinvii all’infinito di qualunque cosa che possa minare l’attuale establishment. I danni irreparabili di cui parla Gravina sono già in essere, bisogna solo capire il quando la "locomotiva" si fermerà definitivamente e non si potrà più tornare indietro.