Norvegia-Italia 3-0: la disfatta azzurra riflette un sistema calcio che non funziona più

Una Nazionale senza anima, senza idee e – ancora una volta – senza Mondiale all’orizzonte. L’Italia crolla a Oslo sotto i colpi della Norvegia, che vince 3-0 e ipoteca il pass diretto per la qualificazione a USA-Canada-Messico 2026. Per gli Azzurri si fa durissima: sarà necessaria una combinazione di risultati per sperare ancora, ma l’impressione è che la squadra sia svuotata dentro prima ancora che fuori. Una sconfitta pesante non solo nel punteggio, ma nella sostanza di ciò che mostra. O meglio: non mostra.
L’Italia ha subito i tre gol già nel primo tempo, faticando a superare la metà campo, priva di idee offensive e disordinata dietro. Nella ripresa il primo tiro in porta degli azzurri è arrivato in pieno recupero, il che ha solo certificato ciò che tutti avevano già capito: questa Nazionale non è all’altezza. Né dal punto di vista tecnico, né da quello mentale. Impressionante, in questo disastro, è stato anche un dettaglio simbolico: in campo, tra i titolari e i subentrati, nemmeno un giocatore della Juventus. Una rarità storica e un segnale forte. Nei grandi successi della Nazionale – dal Mondiale 1982, al 2006 fino all’Europeo vinto nel 2021 – la Juventus ha sempre fornito l’ossatura della squadra. Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli nell’82. Buffon, Cannavaro, Zambrotta, Del Piero nel 2006. Bonucci, Chiellini, Chiesa, Bernardeschi e Locatelli nel 2021. Blocchi juventini che garantivano mentalità, esperienza e appartenenza. Oggi, invece, il nulla.
E questo nulla riflette una crisi strutturale profonda. Il nostro calcio non produce più talenti. I vivai sono ormai popolati in gran parte da stranieri, i club danno priorità ai risultati immediati e si affidano a giocatori pronti piuttosto che costruire prospettive. Così, in una gara decisiva per la sopravvivenza della nostra Nazionale, ci si affida a Coppola, difensore dell’Hellas Verona esordiente in maglia azzurra, che pure ha mostrato coraggio e dignità, in una squadra sfilacciata e impaurita. È un paradosso: uno dei meno negativi, in una notte da incubo, arriva da una delle squadre salvatesi in extremis in Serie A.
Il problema è di sistema. Dal 1995, con la sentenza Bosman che ha aperto il mercato europeo, le grandi nazionali si sono adattate trovando nuovi modelli di formazione e valorizzazione del talento. La Spagna ha investito nella cantera, la Francia nei centri federali, l’Inghilterra nella Premier e nei suoi vivai. Persino la Svizzera, che mai era stata protagonista nel panorama internazionale, è riuscita a costruire un progetto tecnico coerente. Noi no. Abbiamo vissuto di fiammate, con l’Europeo 2021 che oggi, col senno di poi, rischia di essere archiviato come un’eccezione irripetibile, alla stregua della Grecia nel 2004 o della Danimarca nel 1992. E nel frattempo, ci avviamo – se tutto andrà male – al terzo Mondiale consecutivo senza l’Italia. Un’assenza che sarebbe storica e devastante.
La FIGC, intanto, resta ferma. Un pachiderma appesantito che non riesce a muoversi. Nessun progetto serio per la riforma dei campionati, nessuna strategia reale per rilanciare i vivai, nessuna risposta alla disgregazione del sistema nelle serie minori. Tra fallimenti, penalizzazioni e scandali continui in Serie B e Serie C, quello che un tempo era un vivaio naturale di giovani talenti oggi è diventato un terreno inquinato, in cui nulla cresce e tutto affonda.
La Nazionale che ha perso stasera è lo specchio fedele del nostro calcio: confusa, fragile, senza identità. E finché non si rimetteranno le basi di un progetto vero, con coraggio, visione e riforme, continueremo a commentare sconfitte come questa, cercando colpevoli nel giorno dopo, invece di costruire soluzioni il giorno prima.
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