Frattesi e quella inspiegabile ossessione della Juve di acquistarlo
C’è qualcosa di curioso, quasi istruttivo, nell’ostinazione con cui la Juventus e Spalletti continuano a guardare Davide Frattesi. Una fissazione educata, mai urlata, ma costante. Come chi torna ogni giorno davanti alla stessa vetrina, pur sapendo che l’oggetto esposto non cambierà forma. Frattesi è un buon giocatore, e questo va detto subito, senza giri di parole. Serio, professionale, affidabile. Uno che entra, corre, si inserisce, fa il suo. Ma proprio qui sta il punto: fa il suo. E non sempre, nel calcio che dovrebbe ambire a spostare gli equilibri, basta.
All’Inter è una riserva. Non per sfortuna, non per antipatia tecnica, ma per gerarchia. Chivu lo utilizza come energia di complemento, come cambio di ritmo, non come architrave. E non perché l’Inter sia cieca, ma perché Frattesi, semplicemente, non è uno che cambia la partita o la squadra. Non la pensa meglio degli altri, non la rallenta, non la governa. La attacca, sì. Ma solo quando c’è spazio.
Allora perché questa insistenza juventina? Perché Spalletti lo stima così tanto? La risposta è meno tecnica e più culturale. Frattesi rappresenta un’idea rassicurante di calcio: corsa, inserimento, disciplina. È il centrocampista che non disturba il sistema, lo asseconda. È l’uomo che riempie le caselle, non quello che ridisegna la scacchiera. La Juventus, oggi, ha fame di certezze più che di talento. Cerca giocatori che non sbaglino, che reggano il peso della maglia senza chiederle nulla in cambio. In questo senso Frattesi è perfetto. Ma la perfezione dell’utile non coincide con la necessità dell’indispensabile.
Se la Juve vuole davvero fare un salto di qualità — quello vero, quello europeo, quello che ti fa smettere di guardare gli altri e tornare a farti guardare — allora deve chiedersi se vale la pena investire risorse su un giocatore che alza il livello del reparto di mezzo punto, non di una categoria. Frattesi è il classico acquisto che non fa danni, ma non fa nemmeno epoca. Non è un errore, ma rischia di essere una rinuncia mascherata da prudenza. E la prudenza, nel calcio come nella vita, è una virtù solo finché non diventa alibi.
Con il massimo rispetto per il ragazzo — che fa il professionista come si deve e il suo mestiere lo conosce — il dubbio resta legittimo: la Juventus ha bisogno di Frattesi o ha solo paura di osare? Perché le squadre grandi crescono quando smettono di collezionare buoni giocatori e iniziano a scegliere quelli che fanno la differenza. Anche a costo di sbagliare.
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