Juventus, identità smarrita: il club più ambito d’Italia cerca sé stesso

C’è qualcosa di profondamente stonato nella Juventus di oggi, qualcosa che stride con l’eco della sua storia. Una società che per decenni ha rappresentato un modello, un punto di arrivo ambito da giocatori e allenatori, oggi appare svuotata di identità. Non si tratta più soltanto dei risultati o delle classifiche, ma di un’aura smarrita, di un prestigio che non incute più rispetto, né fascino.
Un tempo, chiunque avrebbe fatto carte false pur di indossare la maglia bianconera. Oggi, chi può, se ne tiene alla larga. I tecnici più esperti declinano con eleganza, i giovani promettenti scelgono progetti diversi. È un segnale inequivocabile: qualcosa si è rotto. Lo hanno sottolineato in tanti, nel mondo del pallone nostrano, ultimo il collega Riccardo Cucchi, ieri l'altro nel programma Fuori di Juve del nostro Giampietro Quintigliano su Radio Bianconera.
Il cambiamento non è stato lento né graduale, ma caotico e incoerente. Una società che una volta cambiava allenatore una volta ogni decennio, oggi ne brucia tre in due stagioni. Non si tratta solo di scelte tecniche sbagliate o di investimenti poco lungimiranti. Il vero problema è l’assenza di un progetto, di una rotta chiara da seguire. Ogni mossa sembra dettata dall’urgenza, non dalla visione. Ogni decisione pare una toppa, mai una cucitura.
Tutto appare improvvisato, come se mancasse un filo conduttore. La Juventus di oggi è una macchina che continua a cambiare autisti senza sapere bene dove vuole andare. E in questo scenario di confusione, anche i giocatori sembrano smarriti, demotivati, incapaci di trovare un senso oltre il campo. Il rispetto che la Juventus ha sempre incassato anche dai suoi detrattori, oggi vacilla. La maglia è la stessa, certo. Ma dentro, più che un motore, pare esserci una corrente alternata che salta a ogni scossa. E il corto circuito, se ancora non è avvenuto, è ormai questione di tempo.
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