Che il sipario strappato non cali del tutto! In attesa delle “motivazioni”…

Che il sipario strappato non cali del tutto! In attesa delle “motivazioni”…TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Gianfranco Irlanda
domenica 22 gennaio 2023, 20:12Editoriale
di Roberto De Frede
“Il capolavoro dell'ingiustizia è di sembrare giusto senza esserlo.” (Platone)

I quindici punti squarciati danno l’idea di una ferita non suturata, lasciata lì aperta sanguinante, l’ennesima in questi ultimi anni, inflitta alla Juventus, nobile capro espiatorio di un mondo che non va.

La coltellata un giorno si rimarginerà, da sola probabilmente senza aiuti, ma rimarrà la cicatrice come quella marchiata a fuoco da “calciopoli”, monito per tutti di quanto bisogna cambiare affinché si possa vivere nella certezza del diritto e non - come diceva Montesquieu - alla mercè di coloro che lo applicano in modo politicamente discutibile. Tutto è molto complicato, e di questo ne era convinto anche un signore nato a Cartagine circa duemila anni fa. Il nodo, anche allora, restava sempre quello del rapporto tra legge e giustizia e della giustizia quale unico e vero fondamento della legge, come appunto proclamerà Tertulliano nell'Apologetico (197 d.C.): «quante leggi ancora hanno bisogno, senza che lo sappiate, delle vostre riforme! A renderle valide non sono né il numero dei loro anni, né l'autorità dei loro promulgatori, ma unicamente la giustizia». In questa vibrata dichiarazione, degna del suo passato di grande avvocato, Tertulliano non solo affrontava il rapporto fra giustizia e verità, ma introduceva, con il tema della relatività delle legislazioni, il concetto innovativo della storicità della legge e l'idea che da nuovi bisogni nascono nuovi diritti, e dai nuovi diritti nuove leggi. Gli addetti ai lavori, giudici, legislatori, magistrati, avvocati dovrebbero risolvere i problemi senza lasciare molto spesso il cittadino con quel fumetto in testa con al suo interno un gigantesco punto interrogativo.

Quasi tutti i quotidiani, dopo la condanna della Corte d’Appello della FIGC, hanno dato della “stangata” alla sentenza afflittiva subita dalla Juventus: quindi Vecchia Signora bastonata, se si vuol rispolverare il complicato etimo germanico, ma probabilmente anche ingannata, se il termine usato è quello ormai di un facile lessico giornalistico stereotipato che ricorda il celebre film con Paul Newman e Robert Redford. Quindi a quanto pare, tutti i media (e ne sono tanti se non tutti!) che hanno adoperato quella parola sono d’accordo sull’inganno subito: la Juventus paga il conto salatissimo non solo del suo tavolo, ma dell’intero ristorante tipico di cucina italiana, ma anche europea.

Ora protagonista è ancora una volta l’attesa, quel tempo che trascorre nell'aspettare, fra il momento in cui un evento è annunciato (le motivazioni della sentenza afflittiva) e quello in cui si verifica.

La Juventus e i suoi tifosi per ora sono in stallo, afflitti, in una guerra di trincea e di logoramento, aspettando delle motivazioni, sperando che le stesse siano la panacea di tutti i mali e che soltanto a conoscerle si possano poi vincere i gradi successivi di giudizio. Lo speriamo tutti, ma purtroppo non è sempre così.

La motivazione delle sentenze è certamente una grande garanzia di giustizia, quando riesce a riprodurre esattamente, come in uno schizzo topografico, l'itinerario logico che il giudice ha percorso per arrivare alla sua conclusione: in tal caso, se la conclusione è sbagliata, si può facilmente rintracciare, attraverso la motivazione, in quale tappa del suo cammino il giudice ha smarrito l'orientamento. Ma quante volte la motivazione è una riproduzione fedele del sentiero che ha guidato il giudice fino a quel punto d'arrivo? Quante volte il giudice – scriveva Piero Calamandrei - è in grado di rendersi esatto conto, lui stesso, dei motivi che lo hanno indotto a decider così? Si rappresenta scolasticamente la sentenza come prodotto di un puro gioco logico, freddamente compiuto su concetti astratti, legati da una inesorabile concatenazione di premesse e di conseguenze; ma in realtà sulla scacchiera del giudice le pedine sono uomini vivi, da cui si irradiano invisibili forze magnetiche che trovano risonanze o repulsioni, illogiche ma umane, nei sentimenti del giudicante. Come si può considerare fedele una motivazione che non riproduca i sotterranei meandri di queste correnti sentimentali, al cui influsso magico nessun giudice, sia pure il più severo, riesce a sottrarsi?

Quantunque si continui a ripetere – prosegue il politico - che la sentenza si può schematicamente ridurre a un sillogismo, nel quale, da premesse date, il giudice trae per sola virtù di logica la conclusione, avviene talvolta che il giudice nel formar la sentenza capovolga l'ordine normale del sillogismo: trovi, cioè, prima il dispositivo e poi le premesse che servono a giustificarlo. A questa inversione della logica formale par che il giudice sia consigliato ufficialmente da certi procedimenti giudiziari: come che, mentre gli impongono di pubblicare in fine quelli d'udienza il dispositivo della sentenza (cioè la conclusione), gli consentono di ritardar di qualche giorno la formulazione dei motivi (cioè delle premesse). La stessa legge sembra dunque riconoscere che la difficoltà del giudicare non consiste tanto nel trovar la conclusione, che può essere affare da sbrigarsi in giornata, quanto nel trovare poi con più lunga meditazione le premesse di cui quella conclusione dovrebbe, secondo il volgo, esser la conseguenza. Le premesse sono assai spesso, nonostante il loro nome, messe dopo: il tetto, in materia giudiziaria, si può anche costruire prima delle pareti. Con questo non si vuol dire, seguita il giurista fiorentino, che il dispositivo venga fuori alla cieca e che la motivazione abbia soltanto lo scopo di far apparire come frutto di rigoroso ragionamento ciò che in realtà sia frutto dell'arbitrio; si vuol dire soltanto che, nel giudicare, l'intuizione e il sentimento hanno assai spesso più larga parte di quello che dall'esterno non sembri: non per niente, direbbe qualcuno, sentenza deriva da sentire. Ricordo a me stesso che purtroppo non sempre sentenza ben motivata vuol dire sentenza giusta; nè viceversa. Talvolta una motivazione sciatta e sommaria indica che il giudice nel decidere era talmente convinto della bontà della sua conclusione, da considerare tempo perduto il mettersi a dimostrar l'evidenza: come altra volta una motivazione diffusa ed accurata può rivelare nel giudice il desiderio di dissimulare a sè stesso e agli altri, a forza di arabeschi logici, la propria perplessità.

Il diritto non è una scienza esatta, ma confido totalmente negli uomini di legge affinchè lo rendano almeno giusto.

Già, dimenticavo, oggi è domenica, si gioca, c’è il campionato di calcio di serie A, la Juventus ospita la bella Atalanta. Sembra solo ieri che la domenica ci si chiudeva in casa con la radio, vedevamo le partite contro il muro non allo stadio…cantava così Lucio Dalla. Invece oggi sembra che il campo sia diventato un argomento secondario, marginale. Che tempi! Davvero qualcosa e più di “qualcosa” non va, anzi va molto male! Chi e con quale animo scenderà in campo la Juventus? Per chi e per cosa dovrà giocare? Sicuramente per se stessa e per i suoi tifosi, per la gloria, per l’odore dell’erba, per l’urlo dello stadio, per il motivo per il quale nacque: vincere e archiviare altri tre punti... sperando che non abbiano nulla a che vedere con quelli di sutura.

È un momento drammatico per i bianconeri, attaccati su ogni fronte, ma lo era anche per il generale Ferdinand Foch, a capo della IX^ armata francese durante la battaglia della Marna nel 1914, ove pronunciò la celeberrima frase: “Il centro cede terreno, la destra si ritira, la situazione è eccellente. Io attacco”. Quella battaglia la vinse, e anche la guerra.

La Juventus legalmente, moralmente, eticamente non può e non deve soltanto difendersi, bensì contrattaccare (e non si parli di arroganza!) come ha fatto tante volte nella sua storia su tutti i campi del mondo, lasciando il segno della vittoria.

Che il sipario non cali mestamente sul mondo bianconero nel ricordo di naufragi calciopoleschi, ma replicando ovunque, si rialzi! Anche strappato, fiero di quelle medaglie che ricordano tanto le cicatrici… si rialzi e apra nuovi orizzonti che molti vorrebbero far apparire utopistici, mentre invece sono semplicemente quelli che da sempre desidera un bambino innamorato della sua squadra: vederla giocare la domenica senza aspettare motivazioni…