Inter – Juventus: oltre uno stato d’animo.

Inter – Juventus: oltre uno stato d’animo.TUTTOmercatoWEB.com
domenica 4 febbraio 2024, 22:18Editoriale
di Roberto De Frede
Tu chiamale se vuoi emozioni (Mogol)

Quella sensazione che ci prende alla gola prima di una partita di calcio, che ci tappa lo stomaco e ci rende intrattabili già dalla vigilia, è qualcosa di romantico, che sopravvive dentro di noi perché legata a ricordi d’infanzia, una tradizione prima che una reale convinzione, uno stato d’animo apparentemente usurato dal tempo, ma destinato a non scomparire mai, che si centuplica quando è di scena Inter Juventus. Ho cari amici, tifosi equilibrati, assennati e limpidamente autocritici, che vivono il calcio come una sana passione: le uniche volte che li vedo in preda al male di vivere più montaliano è davanti a quei tre colori bianco-nero-azzurro che dipingono la storia sul verde del prato.

Non credo che esista un altro spettacolo calcistico capace come Inter-Juventus di offrire un riscontro alla varietà dell’esistenza, di specchiarla o piuttosto rappresentarla nei suoi andirivieni, nei suoi imprevisti, nei suoi rovesciamenti e contraccolpi; e persino nelle sue stasi e ripetizioni; al limite, nella sua monotonia. La passione che accompagna questa sfida secolare non muore mai, neanche tra le ceneri di un triplice fischio finale in un tardo pomeriggio o in una serata al chiaro di luna: è questo il miracolo sorprendente di questa sfida, risorge viva ogniqualvolta rotola un pallone, senza esser mai morta.

È la partita, la storia del calcio italiano, una rivalità unica nel suo genere, che coinvolge e attraversa l’intera penisola. Il derby d’Italia, così denominato, piaccia o no, dal re dei neologismi Gianni Brera, divide puntualmente tifoserie e critica. Più di una partita: un dualismo sociale, culturale, imprenditoriale. Una rivalità improntata nella società del nostro Paese. Quando Inter e Juve si ritrovano ad avere le mani sullo stesso trofeo si va sempre inevitabilmente oltre il calcio: vengono tirati in ballo considerazioni personali, ricordi, affetti, valori soggettivi e collettivi, poi le coppe in bacheca, le umiliazioni sul campo, i campioni scolpiti con quei tre colori: un gioco di luci ed ombre in cui si manifesta il perenne conflitto tra la voglia irrefrenabile di vincere e dimostrare al mondo intero chi ha ragione e la tremenda paura di perdere e dover sopportare gli strascichi di una sconfitta per mesi o addirittura per anni.

Una storia infinita, come le volte in cui l’Inter ha voluto fortemente assomigliare alla Juventus: Trapattoni e Lippi, Conte e in ultimo Marotta, ma si sa le fotocopie sono sempre più sbiadite dell’originale. Un replay senza fine come il piagnisteo interista ricordato con inchiostro indelebile nel loro cahier de doléances alla voce “tamponamento” tra Ronaldo e Iuliano; dimenticando però, forse perché scritto con inchiostro simpatico, che all’andata a San Siro c’era un rigore grosso come la Muraglia Cinese per un fallo di Taribo West sul bianconero Pippo Inzaghi, non assegnato dall’arbitro Braschi. Un paradosso continuamente ripetutosi nel tempo per gli interisti dover tifare ai Mondiali praticamente per la Juventus, come in quelli d’Argentina del 1978, dove l’Italia giocò il suo miglior calcio di sempre. La maglia azzurra era solo una “copertura”: a Buenos Aires, l’Inter mandava Bordon, portiere di riserva. La Juve ricamava con Zoff, Cabrini, Gentile, Cuccureddu, Scirea, Benetti, Causio, Tardelli, Bettega e con un certo Pablito, promesso sposo bianconero.

La virgiliana papera di Sarti in quel di Mantova, il manzoniano cinque maggio laziale, ricordare, e non è complicato, che l’una, la bianconera, ha il doppio degli scudetti dell’altra, la nerazzurra: è un romanzo popolare che a leggerlo provoca una faglia che invade l’intera sfera dei sentimenti, taglia l’Italia da Aosta a Lampedusa e ci costringe a parlare sempre delle stesse cose, perché Inter Juve non cambierà mai. È l’Italia dei bar, della macchia di caffè sulla Gazzetta, ma anche di versi e immagini che sprigionano emozioni quanto quelle di un bambino con l’orecchio incollato alla radiolina per vivere in prima persona tutto il calcio minuto per minuto...

Vittorio Sereni in una sua poesia del lontano 1935 col titolo Domenica sportiva ci fa comprendere quante scosse quelle due squadre già all’epoca provocassero negli animi dei tifosi. Tutto il componimento ruota attorno a una partita di calcio fra Ambrosiana Inter e Juventus, senza mai citare un calciatore, un’azione di gioco, neppure un gol, ma evocando una serie di premesse, indizi, riflessi, sensazioni, gioie e dolori. Sul verde del campo sfavillano i cromatismi delle due squadre mentre sugli spalti, definiti cavallerescamente come un reame, la passione fiorisce con l’esibizione da parte delle donne dei segni colorati della loro fede calcistica. L’epilogo del «meriggio canoro» è segnato da un «trillo estremo» che ratifica il momento dell’uscita dal gioco, vera e propria delusione, cui fa seguito una sensazione di vuoto esistenziale. Un senso amaro di vacuità e quasi di rimorso, non appena le gradinate si svuotano, e l’enorme catino ormai silenzioso è l’immagine stessa dello sperpero del tempo. Quindi ore sprecate quando in campo non ci sono Inter e Juventus!

E così stasera verrà composto un nuovo canto della Commedia del Calcio: ci entusiasmerà per le prodezze dei suoi eroi; ci richiamerà alla ragione quando necessario; tesserà epinici e dispenserà rimbrotti; accorderà una baronìa alla granitica difesa bianconera; vedrà nel centravanti travolgente la difesa dell'Inter la reincarnazione di Giulio Cesare nella battaglia di Alesia contro i Galli; ordinerà princeps sul campo la giovane bianconera stella ottomana dopo una memorabile partita; farà udire per molti anni l’eco di un tuono rombare nel cielo al grido di un gol!

Il calcio, se non ci fosse Inter-Juve, sarebbe meno bello e certamente più povero d’emozioni, e stasera quando le Luci a San Siro saranno spente, mi piacerebbe, per un’impresa dal sapore d’antichità, dedicare alla Vecchia Signora, una delle più toccanti e belle lettere d'amore mai realizzate nella storia del rock: Wonderful Tonight, “Sì, sei meravigliosa stasera!”

Roberto De Frede