Tudor, nervi tesi: “Tutti parlano della Juve, anche chi non è dirigente o allenatore...”

Igor Tudor è tornato davanti ai microfoni, ma il sorriso è rimasto negli spogliatoi. Alla vigilia di Como-Juventus, il tecnico croato è apparso di nuovo nervoso, quasi infastidito durante la conferenza stampa pre-gara, come chi sente addosso il fiato dell’ambiente e le voci di sfiducia che serpeggiano tra i tifosi. Il corpo parla prima delle parole: schiena rigida, sguardo teso, frasi pesate con cura.
Gli chiedono dell’identità della squadra, e lui risponde come chi vuole difendere il proprio mestiere, più che la propria panchina: “Una squadra non è mai la stessa, è un organismo vivo che cambia a seconda dei momenti, dei problemi e dello stato di forma dei suoi interpreti. Se giochi ogni tre giorni diventa una squadra diversa, se prepari una partita a settimana è un’altra cosa. Raramente si fanno analisi di questo tipo: da vent’anni i discorsi intorno alla Juve finiscono sempre con ‘bisogna vincere’. Io invece cerco di spiegare le situazioni, e chi ha onestà intellettuale può capirmi.”
Un discorso lungo, accorato, quasi una confessione più che una risposta. Poi il tema si sposta su Yildiz, e su quelle parole di Platini e Trezeguet che hanno fatto rumore. Tudor, stavolta, sorride appena, ma è un sorriso teso, che sa di difesa: “Non ero a conoscenza di queste dichiarazioni, ma è normale che tutti parlino della Juve, anche chi non è dirigente o allenatore". È il bello del calcio, dice Tudor, ma a denti stretti: "ognuno ha la propria visione di ciò che sarebbe meglio fare. Poi però l’allenatore conosce i suoi giocatori, e sa come metterli nelle condizioni migliori. Kenan, da quando sono arrivato, ha sempre giocato dietro la punta.” Dietro la calma apparente, resta un senso di fragilità. Tudor parla di “organismo vivo”, ma l’impressione è che la Juve, oggi, sia più un corpo inquieto, che cambia pelle senza trovare ancora la propria forma. E lui, il medico di bordo, cerca la cura giusta in un mare che non smette di agitarsi.
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