Chi non vuole la riforma totale della giustizia sportiva?

L'incompetenza territoriale della Procura di Torino nell’inchiesta Prisma, fa in modo che l’eventuale processo si sposti a Roma. Eventuale, anzi molto probabile, però va specificato che, ad oggi, non esiste ancora la certezza matematica che la Juventus finirà in aula, anche se è molto probabile accada. Viene così accolto il ricorso della società bianconera dalla Corte di Cassazione, un punto a favore per il sodalizio della Continassa e per gli ex dirigenti, con trasmissione degli atti relativi al procedimento presso il tribunale di Roma. Questo atto apre ad alcune profonde riflessioni, in primis sulla non competenza della Procura di Torino e del pm Santoriello, titolare dell’inchiesta e dichiaratamente anti Juventus, con tanto di dichiarazione pubbliche in cui affermava “Odio la Juve”. Il quesito sorge spontaneo: perché nel nostro Belpaese ci sono procure perennemente al lavoro, attive e pronte ad avviare indagini e inchieste, e altre sensibilmente meno indaffarate e perseveranti? Una domanda logica che ogni cittadino si pone, e non solo il tifoso juventino, e che probabilmente non otterrà mai risposta alcuna.
Intanto per il processo ordinario nei confronti della Juventus si prevedono tempi lunghissimi, almeno due anni e forse più, mentre per la giustizia sportiva la Juve è già stata condannata e la sentenza passata in giudicato. E proprio qui sta il nodo di una situazione paradossale, che reca zero razionalità e chiarezza nel giudizio. La Procura federale ha basato il proprio castello accusatorio, e la condanna ai bianconeri, sui documenti provenienti dall’inchiesta Prisma svolta a Torino, Procura oggi definita dai fatti non competente. Documenti provenienti da una Procura, come quella torinese, delegittimata e che non poteva indagare. Palese, a questo punto, che si debba attendere l'istruzione del processo penale e il verdetto inerente, ma per assurdo, se tra qualche tempo, la giustizia ordinaria dovesse scagionare e ritenere la Juventus non colpevole dei reati ascritti, cosa accadrebbe? Come può essere ritenuto giusto, equo, un sistema che non agisce in sincronia? Va aggiunto che, anche in caso di potenziale colpevolezza da parte della Juve, sarebbe conforme ed equanime attendere prima la fine del processo ordinario e poi dare il via all’azione della giustizia sportiva. Le parole del giudice Torsello di mesi fa tutti ce le ricordiamo, la giustizia sportiva deve essere rapida, immediata, repentina, ma agendo con questo metodo, il rischio è quello di una punizione istantanea anche a scapito del giusto giudizio. E la giustizia non può essere veloce se poi non contiene, in se, i crismi della giustizia stessa. Non basta essere veloci, non si può essere veloci, tralasciando tutto il resto.
La riforma della giustizia sportiva non è più rimandabile, concetto sottolineato poco tempo fa anche dal Ministro Giorgetti, ciò a cui assistiamo oggi è una giustizia ad orologeria non più sostenibile e credibile. Ma chi non vuole fare tabula rasa e ricostruire su principi e cardini indeformabili? Alle istituzioni politiche e calcistiche spetterebbe, sicuramente, il primo passo per affrontare lo spinosissimo tema e per fornire un input importante, ma la maggior responsabilità va attribuita ai club stessi, a loro spetta coagularsi attorno ad una nuova idea di giustizia sportiva e spingere forte per una riforma totale. Cosa che sino ad oggi non è mai avvenuta, nonostante certe dichiarazioni di prammatica, rilasciate da parte di alcuni dirigenti del calcio nostrano, all’indomani della condanna definitiva del club bianconero. Facendo così valere un principio tutto italico, da estirpare all’istante, del “me ne lavo le mani se non sono coinvolto direttamente”. Una giustizia sportiva che condanna la Juventus su atti derivanti da un’indagine prodotta da una Procura dichiarata incompetente, è un fatto innaturale, eclatante e gravissimo. Sarebbe bastato agire con una modalità capace di trasmettere l’idea di specchiata imparzialità, inattaccabile da tutta l’opinione pubblica: giudicare la Juventus al termine del percorso di giustizia ordinaria. La giustizia sportiva non può essere celere a discapito della giustizia stessa, altrimenti perché chiamarla giustizia?
Se invece si volesse mantenere la peculiarità della rapidità di giudizio, basterebbe inserire in un’eventuale riforma, mai così tanto auspicata come oggi, un semplice concetto: giustizia sportiva sollecita solo nel caso in cui le indagini investigative vengano condotte direttamente dalla procura Federale, altrimenti per emettere un giudizio servirà attendere il termine del procedimento ordinario. Per chi mette le mani avanti, puntando sulle lungaggini procedurali degli iter della giustizia ordinaria la domanda da rivolgere è semplicissima: meglio punire e condannare subito anche senza essere in possesso di certezze assolute? No, così il sistema non può funzionare e non può godere della minima credibilità se si vuole appurare, realmente, l’autenticità dei fatti. Nel frattempo, ovunque approderà l’iter della giustizia ordinaria, la Juventus ha già pagato con una condanna sportiva che nessuno potrà più cambiare o alterare. Chiamatela Giustizia se volete.

Iscritta al tribunale di Torino al n.70 del 29/11/2018
Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 18246
Direttore responsabile Antonio Paolino
Aut. Lega Calcio Serie A 21/22 num. 178