Il nuovo grande acquisto bianconero: una vecchia gloriosa "conoscenza".

Il nuovo grande acquisto bianconero: una vecchia gloriosa "conoscenza".TUTTOmercatoWEB.com
domenica 27 agosto 2023, 21:24Editoriale
di Roberto De Frede
Abbiamo quaranta milioni di ragioni per fallire, ma non una sola scusa. (Rudyard Kipling)

Quante persone “politicamente corrette” ci sono! Tutti attori. Parchi, moderati, sobri, timidi nel giudicare l’ottima prestazione della Juventus a Udine, tanto da riportarla, sminuendola, nei dubbi insiti in ogni nuova impresa da intraprendere, aspettandola al varco con arco e frecce avvelenate alla prima défaillance. Saranno tutti cultori dell'Etica Nicomachea di Aristotele, nella quale si legge che «come una rondine non fa primavera, né la fa un solo giorno di sole, così un solo giorno o un breve spazio di tempo non fanno felice nessuno». Qui non sto di certo a dire che la squadra è da triplete (per ovvi motivi…), ma sono sicuro che se i bianconeri fossero caduti in Friuli, la critica sarebbe stata devastante e spietata, nonostante la solitudine della rondine. Perché? Perché la Juventus domenica sera ha fatto paura a tutte le rivali e agli “attori politicamente corretti” di altre bandiere, e a qualche sabotatore interno che non manca mai. Se non ricordo male, il termine greco per designare l’attore era ὑποκριτής (ipocrita)… fate voi.

La Juventus ha un volto nuovo, ma non mi riferisco ad un acquisto fatto o da farsi ancora: parlo della riconquistata e riappropriata mentalità vincente fatta di grinta, cuore e pressing che ai romantici del calcio ha fatto ricordare l’Ajax di Rinus Michels e il Feyenoord di Enrst Happel, ed appartenuta sempre al dna bianconero. Mentalità che fa arrivare primi su ogni pallone, fa giocare di squadra per novanta minuti senza pause di cattiva e infruttuosa riflessione, attaccando, con l’unico obiettivo di sfondare la rete avversaria e vincere la partita. Senza esagerare, sognando un po’ – me lo si conceda, del resto siamo ancora in una notte di mezza estate - come fu la forma mentis della Juve di Lippi con Del Piero, Vialli e Ravanelli, o quella di Conte con Pirlo, Vidal, Pogba e Marchisio, quelle cioè che aprirono cicli leggendari.

Winston Churchill era un tipo burbero, dal carattere difficile e dai modi abbastanza bruschi. Ma anche, tra le altre cose, un grande oratore: «La gente è disposta a perdonare tutto a un uomo, tranne un discorso noioso», diceva. E lui per primo non era disposto ad ascoltarne, né a leggerne. Tanto più in un periodo drammatico come quello della seconda guerra mondiale. Un momento in cui non ci si poteva permettere il discutibile lusso delle parole inutili. Così, il 9 agosto 1940, Churchill fece recapitare a tutti i membri del suo governo un memorandum intitolato Brevity. Un titolo e al tempo stesso un modello. Immagino, con la squadra adunata, il discorso del churchilliano mister Allegri prima di scendere in campo contro l’Udinese, che vale per l’intera stagione. Poche parole, un paio di minuti: “La regola più importante per far sì che una squadra diventi la migliore, come diceva Pelè, è che i suoi giocatori sappiano controllare la palla con entrambi i piedi, con la testa, col petto, riceverla e immediatamente saper cosa fare di quell’oggetto sferico. Tutto questo sarebbe inutile però senza il pensiero, senza quella cosiddetta mentalità vincente che fa scendere in campo con una marcia in più, portando glorie e trionfi alla casacca bianconera”. A dir la verità, il tutto è durato 3 minuti e 31 secondi, perché a fare da sfondo alle parole, un 33 giri volteggiava su un piatto Thorens del 1979, era l’album Jazz dei Queen, la traccia “puntata” la numero 12: Don't Stop Me Now. Il primo ministro inglese avrebbe apprezzato.

Il conte Max e la sua brigata sanno benissimo, anche se machiavellicamente non lo dicono, che questa deve essere la loro stagione, della riscossa, dell’orgoglio, della rivincita. I bianconeri hanno compreso che per giocare non possono far altro che mettere il loro stesso pensiero in gioco: farlo entrare in campo e farlo giocare insieme agli altri giocatori e alle loro azioni. Ogni calciatore deve conquistare la libertà e metterla al servizio degli altri, per tutta la durata della partita, senza tregua, senza sosta. Un “tutti per uno, uno per tutti”, spade sguainate pronti per il prossimo assalto, innescando l’esultanza del giocatore più importante, quello che non gioca, ma soffre quanto quelli in campo ed ancor di più: il pubblico, unico e meraviglioso motore d’emozioni.

Ai lettori filosofi amici delle rondini di Aristotele, consiglierei di leggere anche il grande poeta Orazio, il quale nella Epistola a Publio Lollio Massimo scrive: «Dimidium facti, qui coepit, habet», cioè  a dire… "chi ben comincia, è alla metà dell'opera"!

Roberto De Frede