Juventus, fino alla fine, sempre e non solo in campo

La zona Cesarini è tornata di moda, ma come tutti i jolly, non sempre ti capita di averla a disposizione. La Juventus, come esclama un appassionato radiocronista, non muore letteralmente mai. Dopo la vittoria contro l’Inter, è riuscita in Champions negli ultimi secondi a rimettere in parità, a discapito del Borussia Dortmund, una gara casalinga che sembrava amaramente perduta. Una squadra che grazie all’insegnamento caratteriale di Tudor ha compreso il senso dello sport, combattere fino alla fine, come il motto bianconero impone. Un atteggiamento educativo anche per i tifosi più giovani, che si vanno ad affacciare su un rettangolo ben più grande di quello dell’Allianz e non sempre verde: la vita.
Vale sempre la pena di lottare fino alla fine in questo mondo e per esso, senza mai arrendersi ai problemi, avendo come obiettivo la vittoria: una lezione che ben conosce anche il premio Nobel Ernest Hemingway, autore simbolo della letteratura mondiale del Novecento. Nel suo romanzo Per chi suona la campana, in cui descrive la sua esperienza come corrispondente nella guerra civile spagnola, ben sintetizza il pensiero di non arrendersi mai alle difficoltà: «Il mondo è un bel posto e per esso vale la pena di lottare». In una società, accerchiata da guerre visibili e invisibili, in cui siamo oramai tutti abituati ad ottenere sempre tutto velocemente e senza troppi sforzi, oggi è difficile non mollare alle prime difficoltà quando non si riesce ad ottenere ciò che si desidera. Molti si arrendono ancor prima di cominciare perché non possiedono la capacità di tenere duro di fronte alle avversità. Un’altra questione riguarda il fatto di accontentarsi perché si teme di rischiare e non si ha il coraggio o la capacità di lottare, di stringere i denti e di affrontare con resilienza gli impegni della vita. Ciò che davvero non si apprezza, come dice Hemingway, è il fatto di non stimare ciò per cui si dovrebbe lottare, di non conoscere appieno il motivo per cui migliorare la propria condizione può portarci a valorizzare la nostra vita e quella di coloro che ci circondano.
Il tiro al fulmicotone da fermo di Adzic e il volo d’angelo di Kelly, metafore di libertà, frutti della lezione bianconera: si lotta fino alla fine, perché l’obiettivo è mettercela tutta per vincere fino all’ultimo istante, puntando alla meta finale e tagliando il traguardo per primi.
Per questo, dobbiamo lottare in tutti i modi per i nostri obiettivi che devono essere altissimi e per migliorare il mondo che ci circonda, perché siamo fortunati e ci troviamo in un pianeta che, nonostante tutto, è un luogo meraviglioso e che va salvaguardato: occorre solo rendersene conto per trovare le giuste motivazioni nel lottare per migliorare ciò che ci circonda e contribuire ad una società migliore. Leggiamo il romanziere statunitense, e il suo capolavoro: un episodio di guerriglia durante la guerra civile spagnola, un ponte che deve essere fatto saltare, un piccolo gruppo di partigiani uniti dall’unica speranza che “un giorno ogni pericolo sia vinto e il paese sia un posto dove si vive bene”. In mezzo a tutto questo, Robert Jordan, il dinamitardo, l’inglés giunto da Madrid per organizzare la distruzione del ponte. Robert è un irregolare nell’esercito repubblicano, un intellettuale votato a una causa che, tra mille dubbi, egli sente non meno sua degli altri: perché al di là di ogni errore e di ogni violenza ci sia pace e libertà per tutti.
Intanto ieri sera, un passo indietro, tra stanchezza fisica e mentale della Vecchia Signora nonostante la giovanissima età di tutta la rosa, decisioni arbitrali molto discutibili e un Vlahović che ha dimostrato di essere l’Altafini degli ultimi venticinque minuti, la Juventus non è riuscita nella confusione del Bentegodi a portare a casa i tre punti. Di certo una Verona non fatale come lo fu per ben due volte per il diavolo rossonero. Neanche però «Deliziosa. – come la descrisse amabilmente Dickens nelle sue Impressioni - Con i suoi bei palazzi antichi e l'incantevole campagna vista in distanza da sentieri praticabili e da solide gallerie con balaustra. Con i suoi tranquilli ponti romani che tracciano la retta via illuminando, nell'odierna luce solare, con tonalità antiche di secoli. Con le chiese marmoree, le alte torri, la ricca architettura che si affaccia sulle antiche e quiete strade nelle quali riecheggiavano le grida dei Montecchi e dei Capuleti...».
Niente di tutto questo alla quarta di campionato. Una partita interlocutoria che semplicemente dovrà far ragionare molto Tudor, trovando al più presto equilibrio e stabilità nelle scelte degli uomini e dei cambi in corsa. Un punto guadagnato o due punti persi? Le persone più felici – secondo Khalil Gibran - non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. Ordunque, che da questo punticino se ne possano ricavare tanti altri! Fino alla fine.
Roberto De Frede
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