L’ODIO “sportivo”

L’ODIO “sportivo”TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Gianfranco Irlanda
domenica 12 febbraio 2023, 18:03Editoriale
di Roberto De Frede
Basta che un uomo odi un altro perché l’odio vada correndo per l’umanità intera. (Jean Paul Sartre)

Il titolo ossimorico di questo editoriale ovviamente è una provocazione, come tutto ciò che è irreale, o che almeno dovrebbe esserlo. Non esiste l’odio sportivo, così come non esiste una guerra pacifica, né una malattia benefica. L’odio è soltanto odio purtroppo, e rimane tale anche quando lo si vuole inutilmente addolcire con aggettivi subdolamente uniti a quella parola che di sportivo non ha nulla. Colui che odia, delle disgrazie altrui se ne compiace, istiga l’odio, cova quell’esasperante sentimento di ostilità che porta ad augurare al prossimo i mali peggiori, persino la morte. Eufemisticamente, volando pindaricamente, potremmo definirlo un antisportivo per eccellenza. Lo psichiatra e filosofo francese Jacques Lacan definì l’odio una passione dell'essere, che diversamente da ogni altra passione ha di mira l'essere dell'Altro. Non colpisce l'immagine, non vuole ciò che l'altro ha, non attacca un aspetto particolare della sua esistenza: è un'invidia speciale, invidia della vita, delle glorie altrui, godimento del male del prossimo.

Con una pandemia che marcia ancora al nostro fianco, con una guerra in corso che incendia il nostro continente, con catastrofi naturali che mietono vittime in tutto il mondo, con un Binario 21 che grida ancora paura, lacrime e dolore a causa di un disumano odio, c’è ancora tanta gente che ha l’impudicizia, l’indecenza, l’immoralità di argomentare di calcio odiando la squadra avversaria, nominando quel termine messaggero di morte, con superficialità e con ebeti sorrisi. Solitamente negli ultimi tempi ad essere colpita da questo atteggiamento ripugnante è la Juventus, neanche se fosse radix omnium malorum, citando san Paolo quando definiva, nella prima lettera a Timòteo, l'avidità del denaro. Chi ama la Juventus tifa quella squadra dai colori bianconeri e si interessa molto poco delle altre casacche. Chi non è tifoso juventino purtroppo in primis odia la squadra più blasonata d’Italia, quella che ha vinto nove scudetti di fila, e poi con molto ritardo, quasi fosse un qualcosa di secondario, comincia a tifare per la propria: l’invidia è più forte dell’amore per i propri colori che, con questo atteggiamento dei loro sedicenti tifosi, vengono sempre più screditati.

L’avversario nel calcio, ma in qualsiasi altro sport, deve essere rispettato, sfidato in quanto antagonista, nobile duellante, ma mai odiato perché nello sport non esiste un nemico, bensì un rivale che ha gli stessi obiettivi e che con onore vuole altrettanto raggiungerli. Lo sport è patria della rivalità, anzi senza quello spirito cavalleresco del contro l'altro tra due parti in competizione non ci sarebbero state pagine epiche: Coppi e Bartali, Larry Bird e Magic Johnson, Mazzola e Rivera, Del Piero e Totti, John McEnroe e Bjorn Borg, Niki Lauda e James Hunt, Muhammad Ali e Joe Frazier, Milan-Inter, Juventus e resto del mondo…

Se solo si riflettesse un po’ di più. Un tifoso del Napoli, ad esempio, dovrebbe quasi amare la Juventus, pensando che senza di lei non ci sarebbe mai stato quel gol impossibile - a dispetto delle leggi della cinematica - di Maradona su calcio di punizione allo stupefatto Tacconi, cominciando da quel momento la scalata all’epopea d’oro azzurra; così come i bianconeri dovrebbero ringraziare la Fiorentina di esistere e tenerla nel cuore sempre, fosse solo perché contro di essa nacque la leggenda di Alessandro Del Piero e l’emozionante, indelebile, incredibile rimonta iniziata dai gol e dalla furia di capitan Vialli!

La competitività è “temporanea”, ha la durata della gara, poi riprende alla successiva, e così via, nutrita di sana adrenalina; l’odio invece non è scandito dal tempo, porta un rancore costante, è pericoloso, subdolo, alimentato dalla sua stessa essenza. La rivalità è naturale, l’odio è artificiale creato dalla cattiveria. Anche tra cani e gatti c’è rivalità - come può esserci tra due bambini che si contendono tre caramelle giocando con le figurine Panini a “schiaffetto”-, ma giusto il tempo di una azzuffata, tanto da diventare l’occasione per una simpatica poesia di Eugene Field. Nel componimento dal titolo, solo in apparenza altisonante, Il duello (1890), il poeta immagina che la lotta tra Fido e Micio si trasferisca anche ai ninnoli di pezza che si trovano nelle case: insomma, anche i nostri cani di peluche e i gatti di pezza litigano. E su tutto e tutti il vecchio orologio a pendolo che, per non assistere alla sfuriata, si copre il viso con le lancette, ma poi son certo che i simpatici amici si avvieranno ammaccati, spelacchiati e sudaticci, abbracciati verso il frigorifero della padroncina.

Quelli che oggi parlano di odio, farfugliando di calcio, portando seco loro una nefasta voragine di livore, danneggiano il nostro paese e i bambini e ragazzini che si avviano a formare la società del futuro. Il calcio non è solo una forma d’intrattenimento, ma anche uno strumento per comunicare valori che promuovono il bene della persona umana e contribuiscono alla costruzione di un mondo più pacifico e fraterno. Gli odiatori forse non sanno, non riescono a comprendere che le migliori amicizie sono nate sui campi durante le gare e sono quelle le vere medaglie d'oro in un torneo, le coppe scintillanti. I premi col tempo si consumano, mentre le amicizie non si ricoprono di polvere, ma brilleranno sempre grazie all’antidoto dell’odio, l’amore. Di fango e di melma dovrebbe ricoprirsi quella orrenda parola dall’etimo pregno di repulsione e allontanamento, per far sì che le nuove generazioni vivano di lealtà e di vera sportività, ripudino l’odio, e la guerra sua diretta conseguenza, come ci insegna l’articolo 11 della nostra Carta Costituzionale.

Tutti, segnatamente coloro che hanno una importante visibilità mediatica occupando anche cariche istituzionali, dovrebbero essere latori di messaggi di pace, facendosi aiutare proprio dallo sport, dal calcio, quale mezzi dispensatori d’amicizia e onestà. Rileggere ogni tanto qualche pagina dello Zibaldone leopardiano non farebbe male: “Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando, benché tutto il resto del mondo fosse per me come morto. L’amore è la vita e il principio vivificante della natura, come l’odio il principio distruggente e mortale. Le cose son fatte per amarsi scambievolmente, e la vita nasce da questo. Odiandosi, benché molti odi sono anche naturali, ne nasce l’effetto contrario, cioè distruzioni scambievoli, e anche rodimento e consumazione interna dell’odiatore”.

Quindi signori (e qui il titolo di cortesia è ironico!) odiatori, redimetevi, se non volete continuare a vivere rosi e consunti dalla vostra invidiosa antisportività, e ogni tanto, invece di “sputar sentenze”, fatevi una partita a schiaffetto, non potrà che farvi bene, di certo non farà male a nessuno!