Sbarca a Torino un altro puntello per una grande difesa bianconera

Sbarca a Torino un altro puntello per una grande difesa bianconeraTUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 01:20Editoriale
di Roberto De Frede
“Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori.” Italo Calvino

La difesa bianconera uccellata per ben cinque volte contro il Manchester City ha fatto letteralmente acqua, e la metafora ad un tratto si è anche materializzata in una breve ma impetuosa pioggia sul campo di Orlando. Di certo per la Juventus questo temporale non ha avuto nulla di provvidenziale, come lo fu quello manzoniano nei Promessi Sposi. Una disfatta su tutti i fronti, anche su quello mentale, in particolare nel modo di approcciare una partita di prestigio, seppur a passaggio del turno assicurato. Ora dietro l’angolo c’è il Real Madrid. Tudor avrà molto lavoro in questi caldi mesi se vorrà rivedere, almeno in embrione, la Juventus che lui stesso visse.

Già la difesa…

Era il 1978. (E di questo, di tanto altro e della storia della Juventus vista a mio modo ne parlerò in L’avvocato racconta ogni lunedi sera in diretta alle 21,30 su JLand Tv (youtube e twitch). Al Festival di Sanremo si sogna con i Matia Bazar con la trionfatrice…e dirsi ciao, ma si vive alla giornata con Rino Gaetano e la sua Gianna. Mina tiene l'ultimo concerto dal vivo alla Bussola, locale notturno sul lungomare di Marina di Pietrasanta in Toscana, dove la leggenda vuole fu scoperta nel lontano 1958.  Una decina d’anni prima dalla pubblicazione del suo romanzo più famoso, I pilastri della terra, lo scrittore britannico Ken Follett ci regala un appassionante thriller di spionaggio La cruna dell'ago. Un evento drammatico colpisce l’Italia ancora immersa negli anni di piombo: il sequestro di Aldo Moro da parte delle BR e il tragico epilogo il 9 maggio 1978 in una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani a Roma, 55 giorni dopo il suo rapimento. Il campionato del mondo, in un’Argentina blindata sotto il controllo di una giunta militare guidata dal generale Jorge Rafael Videla, mostra al pianeta la più bella giovine e spumeggiante Italia di Enzo Bearzot, fermata soltanto da due tiri venuti da lontano, dal paese dei tulipani. La Vecchia Signora - vincitrice del diciottesimo scudetto con cinque punti di distacco dal meraviglioso L.R. Vicenza, che vantava tra le sue fila un tale ragazzino capocannoniere del torneo di nome Paolo Rossi fa un salto nella città ove sorge la romanica chiesa di San Giovanni Fuorcivitas per andare a riprendersi un pezzo di granito per la sua difesa.

                                            SERGIO BRIO

Il Colosso di Rodi. Il numero 5, lo stopper, l’avversario per antonomasia del bomber rivale, il cui compito era di marcare il centravanti, per impedirgli di entrare in possesso del pallone o per interrompere le sue azioni d’attacco, giocando d’anticipo e di volo. Protagonista epico al centro della sua difesa in ogni partita. Un lottatore anche negli spazi stretti, leale nello scontro corpo a corpo, quanto severo, insuperabile frontalmente e sulle parabole, un cliente ostico per qualunque centrattacco, sia esso veloce e sgusciante o statuario e imponente.

Brio, difensore di tipo anglosassone, pronto ad avanzare e irrompere per il gol anche decisivo, diventa in talune occasioni l’attaccante aggiunto della squadra bianconera: i suoi gol spesso sbloccano le situazioni più complicate. È significativo ricordare che il suo debutto assoluto nella squadra che ha per simbolo la lupa sotto un leccio, il Lecce appunto, non è stato come stopper, bensì proprio come centravanti, avendo forse già nel suo DNA anche l’antidoto valido per fermarli in futuro. È passato alla storia come il gigante dal cuore buono, il Primo Carnera del calcio, di poche e sentite parole, amico ed educato con tutti, indifferente a nemici e detrattori. Un campione forgiato da una virtù sempre più rara e unica che gli schiuderà la via per tutti i suoi trionfi: l’umiltà. Il ragazzone, alto più di un metro e novanta, nasce nell’esuberante barocca Lecce il 19 agosto 1956.

La Juventus lo preleva dalla squadra della sua città natale nell’ottobre del ’74, mandandolo a farsi le ossa nella Pistoiese. Nella città famosa per il lampredotto in zimino, ha modo di confermare le buone doti tecniche e i grandi requisiti atletici. Richiamato a Torino dopo tre anni, Brio, ormai l’erede designato di Morini, conquista la maglia da titolare, con la quale debutta il 18 marzo ’79 in un Juventus-Napoli. Per quell’esordio viene caricato a mille da Trapattoni; negli spogliatoi le parole incoraggianti di Causio, suo concittadino, fanno il resto: «Sergio, oggi tutte le punizioni e i corner li batto per te». Alla fine va bene, la Juventus vince per uno a zero con un gol di Tardelli; Beppe Savoldi, centrattacco del Napoli, rimane a bocca asciutta per l’ottima prestazione del debuttante. In quella stessa annata contribuisce al successo in Coppa Italia dove, nella finale contro i cadetti del Palermo, subentrando nella ripresa, trova la rete del pareggio juventino a sette minuti dal termine. I piemontesi vinceranno poi quella coppa nazionale ai supplementari, in una partita che vede Brio schierato, a scardinare il catenaccio messo in piedi dai rosanero, proprio come centravanti, dando una mano, sulla linea offensiva, a gente del calibro di Boninsegna e Bettega. Con la Juventus disputa dodici stagioni da protagonista, vantando 385 presenze, segnando 24 gol, vincendo quattro scudetti, tre Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale, una Coppa Uefa.

Brio è tra i protagonisti della vittoria della Coppa Intercontinentale nel 1985 a Tokio contro l’Argentinos Juniors, nel male – si fa per dire – e poi nel bene. Per “colpa sua” viene annullato a Platini un gol fantastico. È un errore madornale dell’arbitro tedesco Roth. Fischia un inesistente fuorigioco dello stopper bianconero, il quale stava rientrando verso il centrocampo, dopo un calcio d’angolo, senza partecipare quindi all’azione del gol di Le Roi Michel. Platini gli sta ancora mandando scomuniche! Però senza quell’errore, non ci sarebbe stata l’altalenante, spasmodica quanto eccitante lotteria dei calci di rigore. Con il Trap era stato già tutto deciso, compreso l’ordine dei tiratori scelti. Brio sarebbe stato il primo. Era esausto dopo aver marcato per due ore Claudio Borghi, fantasista argentino. Beve un sorso d’acqua, poi si sciacqua il viso per rianimarsi un po’. Incrocia lo sguardo del suo allenatore che gli grida, nonostante il rumore assordante delle trombette giapponesi: «Sei forte, tiralo come sai». A volte bastano poche e semplici parole per cambiare il corso della storia. Va verso il dischetto, piazza il pallone. Aspetta qualche istante. Mani sui fianchi. Rincorsa breve e poi, botta di collo piede destro a incrociare rasoterra. Il portiere Enrique Vidallé si lancia verso la sfera, ma è vinto, senza riuscire a toccarla, se non per raccoglierla dal sacco. Dopo qualche minuto, Brio diventa, con la sua Juventus, campione del mondo per club.

Nel corso della sua lunga carriera ha subito vari e seri infortuni, ritornando in campo sempre con coraggio e grande forza di volontà. Leggendari i duelli all’arma bianca con attaccanti dal valore assoluto come gli italiani Graziani, Altobelli, Pruzzo e Giordano, e gli stranieri Schachner, Diaz, Hrubesch, Rush sino ad arrivare a Careca e Van Basten. Da questi scontri ne esce sconfitto qualche volta nel risultato, ma vittorioso sempre al fischio finale, onorato dalla stretta di mano dell’avversario, simbolo del rispetto e della stima che tutti hanno per l’uomo Sergio Brio.

Regala brio, suo malgrado, ad una diretta tv per un fatto buffo capitatogli: morso da un cane lupo all’Olimpico dopo un Roma-Juve, l’allora medico sociale, dottor La Neve, corre subito dal poliziotto consigliando di dare degli antibiotici al cane, perché Brio non aveva fatto l’antirabbica! Avrebbe sicuramente meritato una chance con la maglia azzurra, ma la contemporanea presenza di tanti bravi stopper, da Collovati a Ferri a Vierchowod, gli chiude ogni porta.

Per Sergio Brio nessun rammarico. La sua Nazionale rimane e sarà per sempre soltanto la Juventus.

Roberto De Frede

Tratto da "Ritratti in bianconero" di Roberto De Frede - https://www.amazon.it/dp/B092PKRN38?ref