Analisi tattica — La scintilla nel gelo: perché il secondo tempo di Bodo può indicare la strada per la Juve di Spalletti

Analisi tattica — La scintilla nel gelo: perché il secondo tempo di Bodo può indicare la strada per la Juve di Spalletti TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico De Luca 2025
Ieri alle 23:15Primo piano
di Nerino Stravato

Il 3-2 sul campo del Bodo/Glimt non è stato solo una vittoria sofferta in Champions League: è stato un laboratorio tattico dove Spalletti ha provato — con effetto immediato — soluzioni che potrebbero diventare strutturali per la Juventus. Il primo tempo norvegese aveva confermato i limiti visti a Firenze con il 3-4-2-1: lento nel costruire, fragile nelle transizioni avverse e poco incisivo in avanti. Ma il cambio al rientro dagli spogliatoi ha ridisegnato volto e identità bianconera.

Spalletti è passato al 4-3-3 (o meglio a una transizione 4-3-3 molto dinamica), con Locatelli e Miretti più mediani e McKennie nel ruolo chiave di incursore. Questo centrocampoLocatelli/Miretti in doppia protezione della difesa e McKennie come anima verticale — ha dato equilibrio: Locatelli porta quantità e dinamismo, Miretti porta qualità di movimento e gestione della palla, McKennie porta inserimenti pericolosi negli ultimi 20 metri. Miretti, in particolare, è stato più presente nell’azione offensiva della ripresa e ha trovato anche il fondo rete, poi annullato da un offside millimetrico innescato da Openda all’inizio dell’azione: episodio che però conferma come il ragazzo riesca a incidere maggiormente quando è libero da compiti eccessivamente laterali.

​Davanti, l’avanzamento del tridente con Yildiz e Conceição sugli esterni e Openda riferimento centrale ha trasformato la Juve. Yildiz, quando ha trovato campo, è stato costantemente pericoloso: la versione “con Yildiz” è una Juve diversa — più rapida, più verticale, capace di creare superiorità numerica e di sfruttare lo spazio alle spalle della difesa. La partita ha rimarcato una verità tattica semplice ma centrale: la Juve con Yildiz e la Juventus senza Yildiz non sono la stessa cosa; il turco, nelle giornate giuste, ha la capacità di creare situazioni dalla fascia che gli altri faticano a generare.

​La coppia centrale Kelly–Koopmeiners è stata un altro elemento dirompente: due profili che nella scorsa stagione sono stati spesso criticati e invece qui diventano quasi imprescindibili. Kelly porta fisicità, letture difensive e capacità di spezzare le linee avversarie; Koopmeiners aggiunge intelligenza tattica e qualità di passaggio per far correre la palla. La loro convivenza funziona perché mischia presenza e visione: Kelly garantisce la stabilità, Koopmeiners la linfa tecnica che accelera la manovra. Entrambi sono passati dall’essere sottoposti a giudizio a pezzi chiave di una squadra che deve recuperare ritmo e identità.

​Tecnicamente la ripresa è stata una lezione sui principi che Spalletti vuole: pressione sincronizzata, terzini che spingono e partecipano all’azione, mezzali che cercano le linee interne e attaccanti laterali pronti a tagliare in area. I terzini hanno offerto appoggi, i centrocampisti hanno creato linee di passaggio verticali, e gli attaccanti hanno saputo sfruttare spazio e rimbalzi. McKennie, come incursore, ha dato il meglio: la sua capacità di penetrazione e il suo tempismo negli inserimenti sono stati decisivi per il 2-1.

​Dal punto di vista difensivo, il cambio a quattro ha dato maggiore ordine e solidità contro le ripartenze del Bodo — anche se la squadra non è immune da amnesie: il rigore derivato dall’ingenuità di Cabal, entrato ad un quarto d'ora dalla fine ha rimesso in discussione la partita e sottolinea come la necessità di attenzione e concentrazione resti altissima. L’episodio conferma inoltre che la Juve, per quanto possa cambiare modulo, paga ancora quando perde il filo nel momento della transizione difensiva.

​In attacco resta però il nodo della finalizzazione: la Juve ha costruito molte occasioni e tiri, ma ha anche sbagliato troppe conclusioni — alcuni errori imputabili al singolo, altri alla fretta nel cercare la giocata risolutiva. Il portiere avversario e un pizzico di imprecisione non possono oscurare la necessità di maggiore lucidità in area e di riempire meglio la stessa area con uomini pronti a capitalizzare.

​La lettura complessiva è chiara: il secondo tempo contro il Bodo/Glimt è stato un banco di prova positivo per l’ipotesi Spalletti-4-3-3. Ha messo in mostra una Juve più veloce, più verticale e più pericolosa quando riesce a schierare i profili giustiYildiz su tutti — e quando la coppia centrale di difesa (Kelly-Koopmeiners), trova equilibrio tra rottura e costruzione. Resta il lavoro sulla continuità mentale e sulla capacità di non abbassare la soglia di pericolo nei momenti di pressione subita.

​In definitiva: il gelo norvegese ha acceso una scintilla tattica. Non è ancora la svolta definitiva, ma è la prova che Spalletti ha strumenti concreti per far evolvere la squadra. Se riuscirà a imporre continuità nei dettaglitiming del pressing, riempimento dell’area, precisione nelle conclusioni — quella scintilla può diventare fuoco.