D'Onofrio a BN: "La sentenza sulla Superlega segue un principio innovativo. Se L'UEFA può ricorrere in appello? Non credo, vi spiego il motivo"

D'Onofrio a BN: "La sentenza sulla Superlega segue un principio innovativo. Se L'UEFA può ricorrere in appello? Non credo, vi spiego il motivo"TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico De Luca
venerdì 29 dicembre 2023, 16:40Primo piano
di Matteo Barile
La redazione di Bianconera News ha intervistato in ESCLUSIVA, Paco D'Onofrio, che decifrato la sentenza sulla Superlega contro cui l'UEFA nulla potrà

Una settimana fa il calcio internazionale ha appreso una sentenza, che rischia di ribaltare gli equilibri del calcio internazionale. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sancito la liceità della Superlega e la fine del monopolio della UEFA e della FIFA. I presupposti che possono decretare la vittoria del progetto della A22 sono sotto gli occhi di tutti. Tuttavia, occhio a definire già “vincitori” e “vinti”, perché la sensazione è che le schermaglie tra l’attuale governo del calcio europeo e la Superlega siano solo agli inizi. Per delineare gli scenari di tale confronto, la redazione di Bianconera News ha raccolto il parere esperto dell’avvocato, nonché professore all’Università di Bologna ed esperto in diritto sportivo, Paco D’Onofrio. Di seguito, proponiamo il contenuto integrale dell’intervista in ESCLUSIVA.


Partiamo dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea, che è arrivata settimana scorsa sulla Superlega: cosa pensa a riguardo?


È una sentenza che ha ragionato secondo le norme del diritto europeo e non del diritto sportivo, com’è giusto che sia e come è stato fatto in passato in altri casi clamorosi, come nel caso della sentenza Bosman. Il diritto europeo vede lo sport in due modi: limitatamente agli aspetti organizzativi e tecnici, l’ordinamento sportivo viene ritenuto autonomo giustamente autonomo. Quindi, in quanto tale, questo è libero di scegliersi le regole che valuta più opportune. Quando, però, queste hanno una ricaduta sul mercato, hanno un valore economico e determinano attività imprenditoriali, come ogni altra attività su territorio europeo, è necessario attenersi alle regole generali dell’Unione Europea ed ai principi su cui si fonda il mercato libero dell’Unione Europea. Quindi, in buona sostanza, si può parlare di una sentenza che gli operatori del calcio hanno considerato nella loro giusta importanza sportiva, ma in realtà, è una sentenza che attiene ad un settore commerciale, che, però, in questo caso, ha accentuato la cassa di risonanza mediatica".


Parlando delle reazioni che ha suscitato questa sentenza, dobbiamo dire che in molti si sono manifestati contro la predetta pronuncia. A capeggiare questa fazione troviamo il presidente dell’UEFA, Alexander Ceferin. Ha provato a chiedersi perché il capo dell’istituzione calcistica europea ha accolto negativamente la sentenza, visto che quest’ultima è arrivata dalla Corte di Giustizia Europea?


Questo andrebbe chiesto a lui e non a me. Non so perché lui abbia reagito negativamente alla sentenza, ma posso provare a intuirlo. Tale pronuncia non condanna l’UEFA, ma pone un principio innovativo, benché non ci sono vincitori e vinti. Se, poi, mediaticamente fa comodo pensare o piace evidenziare che ce ne siano, è un altro discorso. Ma, da un punto di vista giuridico, la CGUE si è espressa sostenendo che non ci può esserci un monopolio, perché altrimenti ci sarebbe una posizione dominante. È chiaro che chi quella posizione l’ha avuta fino al momento della sentenza e l’ha avuta in modo legittimo, perché non c’era alcuna norma che lo vietasse, riteneva che il sistema adottato fosse sano, utile e che intercettasse le esigenze del calcio. Ora, la decisione della Corte  obbligherà a qualche adeguamento attraverso un colloquio tra l’UEFA e la Superlega. Si andrà necessariamente in quella direzione, perché non credo che la Superlega abbia mai avuto l’intenzione di creare una competizione parallela, separatista e divisiva: è impossibile tecnicamente poterlo fare, anche perché ci sono delle norme di diritto sportivo che lo impediscono e sulle quali la Corte di Giustizia Europea non è entrata, perché avrebbe violato l’autonomia dell’ordinamento sportivo. Quindi, da un lato la Superlega porta a casa un risultato importante, ma da sola non ha la forza per andare avanti. Dall’altra parte, l’UEFA, che, fino al momento della sentenza, non aveva considerato la possibilità di confrontarsi con un altro soggetto, ora dovrà farlo, perché non può permettersi di rimanere arroccata sulle posizioni precedenti. Io sono molto ottimista e guardo a questa sentenza come un’occasione per le parti. L’Unione Europea ha dato un’indicazione, dalla quale si può uscire rafforzati”.


Cosa intende dire con quest’ultima riflessione?


La sentenza della CGUE è analoga alla delibera riguardante il caso Bosman, che ha permesso la libera circolazione di calciatori europei in ambito continentale. L’UEFA, che sta difendendo l’attuale modello di Champions League, sta proteggendo un modello derivante dalla sentenza Bosman, la quale ha costituito un provvedimento di condanna verso l’ordinamento sportivo. Quest’ultimo provvedimento è andato contro l’UEFA, alimentando il meccanismo della Champions League attuale, che giustamente la predetta istituzione difende. Quando ci sono dei cambiamenti, c’è sempre un po’ di rigetto da parte di chi li subisce, perché ci sono dei nuovi assetti che si devono creare. Se, poi, però, l’occasione viene colta nella sua funzione, diventa un vantaggio. Oggi la Champions League è molto più ricca della vecchia Coppa dei Campioni, ma grazie alla sentenza Bosman. Quindi, credo e spero che questa sia un’occasione di crescita sia per l’UEFA che per la Superlega”.


Rimanendo sul tema, legato alla sentenza Bosman, svisceriamo un’altra questione correlata alla delibera di una settimana fa: l’Unione Europea ha limitato il concetto di un quantitativo minimo numero di giocatori provenienti dai settori giovanili e da inserire obbligatoriamente all’interno delle liste UEFA e delle liste valide per i campionati nazionali. Questo provvedimento può essere una prosecuzione della sentenza Bosman? Si può considerare una “sentenza Bosman 2”?  


L’Unione Europea tende molto all’apertura. È un sistema istituzionale e di controllo economico, che mal vede e mal sopporta le chiusure, definibili come posizioni precostituite: si può sostenere che sia ispirato al principio liberale in ambito economico. Siccome, però, certe scelte non sono soltanto decisioni economiche, ma fatalmente, incidono anche sull’autonomia normativa delle istituzioni sportive, io credo che a parlarsi non saranno solo la UEFA e la Superlega, ma anche la stessa UEFA e le sue componenti interne: mi riferisco ovviamente alle varie federazioni, che dovranno rivedere le proprie regole, la propria disciplina e i propri regolamenti. Questo iter è simile a quello che è stato seguito dopo la sentenza Bosman, che ha costretto a rivedere i vari regolamenti federali, tra cui il superamento dell’efficacia vincolante per un calciatore di un contratto scaduto, attraverso l’introduzione del “parametro zero”. Quella è stata un’altra conseguenza della sentenza della Corte di Giustizia che ha influenzato il mondo del calcio internazionale. Quindi, siamo in una fase costruttiva, che pone un confronto tra tutti i soggetti in causa”.  


Lei ha detto che un confronto tra UEFA e Superlega è quasi inevitabile. A livello giuridico su che basi si potrebbe poggiare un colloquio tra le due fazioni, visto e considerato che l’UEFA ha varato un nuovo format molto simile, almeno nelle intenzioni, alla Superlega?


Secondo me, questo passaggio non è stato casuale. Al di là delle posizioni formalmente tenute, cioè  un progetto che l’UEFA non considerava legittimo, in realtà, poi, alcuni profili sono stati recepiti informalmente dalla stessa UEFA. Quindi, si può dire che il dialogo era già indirettamente stato avviato. Rimaneva solo lo “scoglio” che la Superlega ha superato, facendo un passo indietro: ricordiamoci che la contestazione principale che si faceva al progetto era la cosiddetta “membership”, cioè che ci fossero delle squadre che, a prescindere dal merito e dal momento sportivo, fossero automaticamente qualificate. Bene, questa contestazione originaria non sussiste più, perché l’ultima revisione della Superlega non prevede più squadre automaticamente ammesse. Io sono convinto che le due parti si interfacceranno, al di là delle dichiarazioni o delle posizioni di facciata. Quindi, si può dire che già prima della sentenza di giovedì scorso si sia verificato un percorso di avvicinamento tra le parti in causa. Io penso che la decisione della Corte abbia incentivato questo percorso di avvicinamento. E, in tal senso, ci sono state delle aperture: i cosiddetti “vincitori”, cioè la Superlega, hanno fatto sapere attraverso il suo amministratore delegato di essere disponibili a parlare con l’UEFA. È normale che sia così”.


Ci può essere una reale contestazione o un ricorso in appello da parte dell’UEFA per ciò che concerne la sentenza già emessa a favore della Superlega oppure il giudizio è irrevocabile?


Questo è un principio che, tra l’altro, non sorprende, perché è coerente con l’ordinamento dell’Unione Europea. È chiaro che quando viene adottato per settori commerciali industriali o produttivi anonimi o meno mediatici, nessuno se ne accorge, non fa notizia. Ma tutta la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea persegue quella direzione. Pertanto, la sentenza di giovedì scorso non è sorprendente, ma è coerente. O meglio, sorprende il mondo del calcio, ma, in realtà, è una sentenza che si uniforma a tutte le precedenti pronunce su questioni analoghe, legate ad altri settori, da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il motivo per cui non penso ci possa essere alcun tipo di modifica rispetto alla predetta impostazione giuridica è dovuto al fatto che esprime un principio strutturale dell’Unione Europea”.