Leader si nasce (o si diventa): Tudor e quella Juve che cerca ancora la sua voce
“È una questione generazionale. La personalità che avevamo noi era diversa. Oggi è più raro trovarla.” Così Igor Tudor, nella conferenza alla vigilia della sfida con la Lazio, ha toccato un tasto che va dritto al cuore dei tifosi bianconeri. Non ha parlato solo di calcio, ma di qualcosa di più profondo: la difficoltà di trovare, oggi, veri leader.
E non è una lamentela, ma una constatazione. Perché chi ha vissuto gli anni in cui Tudor era in campo, accanto a gente come Montero, Ferrara, Davids, Del Piero o Nedvěd, sa bene cosa significava convivere con personalità del genere. In quegli spogliatoi, la leadership non si dichiarava: si imponeva, si conquistava, spesso si soffriva. Bastava uno sguardo di Conte o un urlo di Buffon per capire che quella maglia andava rispettata come un codice d’onore. E poi c’era Del Piero, diverso ma altrettanto leader: carisma silenzioso, esempio costante, eleganza e rispetto. Senza bisogno di alzare la voce, bastava vederlo allenarsi per capire cosa significasse "essere Juve”.
Tudor, oggi allenatore, vede invece una generazione diversa. Parla di ragazzi intelligenti, preparati, sensibili, ma cresciuti in un contesto dove la durezza di certi ambienti è stata sostituita dal comfort. Non è una colpa, è un fatto. Le strutture sono moderne, la formazione è più completa, ma in un mondo dove ogni errore viene corretto prima di far male, la personalità ha meno spazio per formarsi da sola.
Il tecnico croato lo sa, e per questo guarda con attenzione a chi, nella sua Juve, sta cercando di prendere quel ruolo. Ha citato Kephren Thuram, Locatelli, Vlahović, Yildiz, David: giovani che stanno imparando cosa significa essere leader, che hanno doti importanti ma devono ancora forgiarsi nelle difficoltà, nei momenti in cui conta davvero. Tudor li incoraggia, ma nel suo sguardo c’è anche la consapevolezza che i leader di oggi non saranno mai uguali a quelli del passato — semplicemente perché vivono un calcio diverso, un mondo diverso.
Eppure, forse, non serve cercare cloni dei vecchi campioni. Oggi la Juve ha bisogno di leader funzionali al calcio moderno, non di imitazioni di Montero o Davids. Gente che guidi con l’esempio, come faceva Ronaldo, che senza troppe parole trascinava tutti con la fame e la dedizione. Gente che sappia unire la passione di ieri alla mentalità di oggi.
Ogni epoca ha i suoi simboli. Quella di Tudor aveva uomini che ti facevano crescere a colpi di tackle e di sguardi. Quella di oggi ha ragazzi che devono imparare a essere forti in un altro modo, più silenzioso, ma non per questo meno vero. E in fondo, il messaggio è sempre lo stesso: la Juve sarà sempre Juve solo se avrà dentro di sé uomini pronti a prendersi la responsabilità di vincere. Perché la personalità, come ha detto Tudor, "non si insegna”. Si costruisce. E a Torino, si forgia.
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