Vlahović, un 9 che non ha (più) fatto la differenza: critiche, numeri e il dubbio che potrebbe perseguitare la Juve

Di Dusan Vlahović si è scritto tanto da quando, a gennaio 2022, la Juventus investì una cifra monstre — circa 80 milioni fra parte fissa e bonus — per strapparlo alla Fiorentina. Allora era uno dei prospetti più letali d’Europa: fisico debordante, sinistro chirurgico, fame da trascinatore. Oggi, a tre anni di distanza, la domanda è secca: quanto di quel potenziale è rimasto?
Dal 1º febbraio 2025 in poi i numeri parlano più forte di qualunque alibi: Solo due reti in 17 partite di campionato sono un bottino inaccettabile per un centravanti da 12 milioni netti di stipendio.
L’indice xG/90 è precipitato da 0,49 a 0,22: segno di un giocatore che non si crea (né trasforma) più occasioni di qualità.
Al crollo realizzativo si somma una fastidiosa tendenza all’irritabilità in campo: gesti di frustrazione verso compagni e arbitri, postura sconfortante quando viene sostituito.
Le attenuanti ci sono, ma non bastano
Infortuni muscolari (il solito psoas) e un sistema di gioco che raramente lo rifornisce a dovere sono argomenti validi… fino a un certo punto. Perché l’attaccante di livello globale trova strade alternative: arretra a dialogare, si butta negli spazi, inventa combinazioni rapide. Vlahović, invece, è apparso spesso ingessato, talvolta spaesato, quasi in attesa che la partita gli cada addosso.
Igor Tudor, subentrato a febbraio, gli ha garantito centralità e minuti; in cambio ha ottenuto un rendimento da comprimario. E allora il club, schiacciato da un ingaggio in crescita e da un ammortamento residuo pesante, ha deciso di metterlo sul mercato. Base d’asta: 40‑45 milioni per evitare minusvalenze.
Premier League, Liga… oppure panchina
Ad oggi nessuna offerta formale è arrivata a Torino; solo interessamenti di Arsenal, Chelsea e Atlético. Non aiutano certe prove opache sotto gli occhi degli scout inglesi: persa l’aura del “killer d’area”, DV9 non pare più un upgrade irresistibile rispetto ad alternative come Gyökeres o Sesko.
E se la Juve si stesse pentendo in anticipo?
Eppure, proprio quando tutto sembra apparecchiato per l’addio, si insinua un dubbio fastidioso. Il serbo ha 25 anni, età in cui molti bomber esplodono definitivamente. Gli esempi di attaccanti rinati dopo stagioni storte (pensate a Lukaku post‑Manchester o a Lewandowski 2014‑15) abbondano. Nel calcio esiste una logica spietata ma anche una componente di pazienza: e se la Juve, logorata dall’urgenza economica, stesse per salutare il giocatore proprio alla vigilia del suo vero salto di qualità?
Criticarlo è legittimo, quasi doveroso, alla luce degli ultimi sette‑otto mesi. Ma se domenica Udinese‑Juve sarà davvero l’ultima di Vlahović in bianconero, lo Stadium potrebbe assistere a un congedo dal sapore agrodolce: fra fischi meritati e l’ombra inquietante di un rimpianto ― quello di essersi arresa un attimo prima che il seme tornasse a germogliare.
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