Juve, quando il calcio diventa solo business: la riflessione di Carlo Nesti

Juve, quando il calcio diventa solo business: la riflessione di Carlo NestiTUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 23:29Altre notizie
di Massimo Reina
Il giornalista e storico del calcio torinese parla su YouTube di tifosi, società e passioni dimenticate: una chiamata alla ragione e al cuore.

Carlo Nesti si siede davanti alla telecamera e comincia piano, come se parlasse a un gruppo di amici in cucina: «Fermi», dice, «so già cosa stavate facendo. Già, stavate per cambiare canale, pensando “ah che palle, il solito sermone”». E invece no, qui non ci sono sermoni, ci sono fotografie del passato, di un calcio che non torna più, epoche in bianco e nero in cui la RAI era tutto e il tifo non invadeva i giornali.

Il noto giornalista parte da un aneddoto sulla sua vita per far riflettere sul calcio odierno e sulla gestione di club importanti come la Juve, affidata a persone che non sembrano molto competenti in materia. Figlio unico, strattonato tra un padre bianconero e una famiglia granata, Nesti racconta di aver tifato prima di tutto per sé stesso, per diventare giornalista sportivo, per vivere del calcio senza che il tifo interferisse con la scrittura. Cinquantuno anni di carriera insegnano qualcosa: che il tifoso è sentimentale, che non segue i conti in banca dei proprietari, che non importa quanto cambino i tempi, quanto il gioco diventi business. Conta la passione.

I fischi della Juve, il raduno dei tifosi del Toro: tutto ha un senso se interpretato come voce del cuore e non solo come rabbia sterile. Nesti parla chiaro: il passato era a misura d’uomo, il presente corre veloce verso logiche incomprensibili, lobbisti, raccomandazioni, figli di sorelle o cognati che decidono le sorti delle società senza aver mai toccato un pallone. Il risultato sportivo diventa spesso secondario, la passione dimenticata.

E allora la chiamata è semplice: più dialogo, più competenza, meritocrazia. Dirigenti che conoscono il calcio, che abbiano camminato sui campi, che capiscano che il tifoso non segue i business plan ma segue il cuore, che un applauso vale più di un bilancio. La Juve, il Toro, ieri, oggi, domani: chi ama il calcio deve ascoltare, deve proteggere la memoria di ciò che il gioco è stato e può ancora essere.