La virgola di San Siro nel viaggio bianconero

La virgola di San Siro nel viaggio bianconeroTUTTOmercatoWEB.com
domenica 11 febbraio 2024, 22:18Editoriale
di Roberto De Frede
Di tanto in tanto è bene fare una pausa nella nostra ricerca della felicità ed essere semplicemente felici. (Guillaume Apollinaire)

Il campionato di calcio è un gran bel viaggio, che la Juventus da oltre un secolo rinnova puntualmente. Noi che del viaggio abbiamo fatto uno stile di vita, quante volte ci siamo ritrovati in luoghi remoti, non tanto del mondo, ma di noi stessi, a domandarci: dove sto andando? Viaggio non significa affatto spostamento da un punto geografico all'altro, come ingenuamente si può pensare. Etimologicamente, non serve nemmeno percorrere un centimetro per viaggiare davvero. Dal latino viaticum, la parola indica proprio tutto ciò che il viaggiatore portava con sé per sopravvivere durante il cammino, di fondamentale importanza vista la notoria assenza di aree di servizio lungo le vie consolari. Il vero senso dell'etimo di viaggio è dunque tutto ciò che serve per viaggiare. Provviste dunque, ma anche mappe, direzioni, indicazioni. Certezze, mete, porti. Compagni, anche fino ai ghiacciai della Groenlandia, ma ciò che conta è lo zaino che portiamo sulle spalle, anzi, dentro di noi, la valigia che non si vede, solo si sente, come narra uno dei più grandi scrittori di viaggio contemporanei, il francese Sylvain Tesson.

Gli ostacoli sono quelle cose spaventose che vedi quando togli gli occhi dalla meta. L’obiettivo della Juventus è ben fisso nella mente di tutti coloro che vestono quella maglietta bianconera, e non è certo il quarto posto: è lo scudetto. Ella partecipa per vincere, sempre: tutto ciò che si discosta dalla vittoria è bruciante sconfitta. Ulisse insegna che viaggiare significa avere un traguardo ben chiaro in testa: anche domenica scorsa a San Siro contro l’Inter la meta era cristallina, solo che la Vecchia Signora aveva dimenticato lo zaino a Torino. Ciò che conta è preparare con cura e voglia il viatico, non smettere mai di fare e di disfare il nostro bagaglio interiore, sapendo dove si vuole arrivare prima di partire.

A Milano è mancato lo spirito combattivo, l’atteggiamento olimpico che rende una partita di calcio un’impresa leggendaria. La maniera di controllare gli spazi, di attaccare e difendere tutti assieme, di pressare, di tenere il pallone a terra costruendo l’azione, i fondamentali quali lo stop del pallone e il tiro, nel capoluogo lombardo tutto questo viatico non è mai arrivato con il pullman dei bianconeri; così come il vuoto cosmico di un centrocampista solare che faccia ruotare la squadra intorno ai suoi lampi geniali e la presenza di una panchina semi-corta composta in gran parte di nomi sconosciuti, tanto per riempire i posti a sedere.

I tifosi si augurano che la tappa di San Siro sia stata una pausa, la più breve che ci sia concessa dai segni d'interpunzione all'interno del periodo: una virgola. Madama avendo fatto il liceo classico conosce molto bene il latino, e da virgula, bastoncino, deriva anche virgultum, germoglio, quindi vita, nascita, ripresa, precisione, bellezza, solarità ed infine eleganza. La linfa vitale che scorre in un ramoscello di ulivo, la sottile striscia di pizzo o di raso che completa la manica di un abito da sposa; la vérgola, si dice presso i sarti, il filo di seta o d 'oro intessuto in un occhiello a mo’ di ornamento. Giacomo Leopardi in una lettera al Giordani lodava la virgola, che se ben messa avrebbe dato luce a tutto un periodo.

L’uomo ha avuto bisogno di una pausa e non è una questione di puntiglio quando alle nostre parole aggiungiamo un segno grafico simile a un rametto ricurvo: un ringraziamento va a Quintiliano, il primo a farne uso. Con quella virgola, aggiungiamo aria, bellezza, respiro, petali, virgulti d’alloro per dare a noi e agli altri il tempo di respirare, comprendere e riflettere. Che la virgola di San Siro dia nuova linfa, riempiendo quello zaino e aprendo ai bianconeri un nuovo cammino. Nuovo soltanto perché rinnovato, ma uguale da tempo immemore, quello della vittoria.

Roberto De Frede