Polvere di stelle: il 19° scudetto dell’Inter

Polvere di stelle: il 19° scudetto dell’InterTUTTOmercatoWEB.com
domenica 28 aprile 2024, 23:59Editoriale
di Roberto De Frede
Nella vostra vita vi auguro almeno un blackout in una notte limpida. (Mario Rigoni Stern)

Nel campionato di calcio italiano è prassi romantica fregiarsi di una stella dorata a cinque punte quale emblema di dieci scudetti vinti. La prima ad adottare questo simbolo celebrativo fu la Juventus dopo la vittoria del suo decimo tricolore nella stagione 1957-1958, illuminata dalla potenza gallese di John Charles, dalla fantasia argentina di Omar Sivori e dalla sapienza tattica tutta italiana di Giampiero Boniperti. La decorazione, ispirata alla Stella al merito sportivo, onorificenza istituita dal Coni nel 1933, fu ufficialmente deliberata dalla Lega Nazionale Professionisti, su iniziativa dell'allora presidente bianconero Umberto Agnelli.

Una stella, qualcosa di luminoso e irraggiungibile, come la gloria di chi riesce a incastonare in bacheca dieci titoli nazionali. La Juventus di stelle fisse sul petto ne ha per ora ben tre, avendo vinto quasi una quarantina di scudetti, tutti glorificati sul campo con l’emozione del fischio finale dell’arbitro a sancire la matematica vittoria. Nel cuore del tifoso deve rimanere quella melodia di magica atmosfera, un ricordo sempiterno di un ritornello d’amore. Una magnifica festa vissuta sul prato rettangolare, forgiata da polvere di stelle dorata, serbata indelebile nei cuori dei calciatori e dei tifosi, scrigno più prezioso per la gestazione e nascita della futura stella. Quel ritratto emozionale, quell’attimo fotografato di gloria, quelle magliette sporche e sudate, intrise di gioia e lacrime, decretano la conquista del tricolore, quello vero, sul manto erboso amico e al contempo martoriato dai tacchetti degli eroi.

La fotografia è l’arte della definizione. Per quanto oggettivo o estroso, misurato o ingiusto, imparziale o prevenuto, esperto o amatoriale sia il fotografo, l’obiettivo determina l’esistenza di una certa realtà che diventa per l’osservatore quella realtà, proprio come le nostre storie diventano ciò che chiamiamo storia. Non esiste colto scetticismo che possa convincerci quanto un’immagine fotografica. La mente sa che ci sono altri modi di vedere, altre sfaccettature di quella realtà, altri atteggiamenti e pose. Eppure pensa: “Se l’ha visto la macchina fotografica, deve esser vero”.

L’album della storia bianconera è completo di tutte le foto impolverate di stellato infinito, ne sono tante quanti gli scudetti vinti. Chi potrà mai dimenticare ad esempio il quattordicesimo della Vecchia Signora… Una volta superato anche l'ultimo ostacolo sul proprio cammino, uscendo indenne dal campo di Firenze nella penultima giornata, il successivo 28 maggio 1972 la Juventus batté davanti al proprio pubblico al Comunale il L.R. Vicenza con le reti di Haller e Spinosi, tornando a laurearsi campione d'Italia dopo un lustro, staccando di un punto il tandem rossonero-granata: arrivò così a compimento il progetto di rifondazione della rosa che il presidente bianconero Boniperti aveva lanciato nell'estate di due anni prima, puntando su numerosi e promettenti elementi dagli altisonanti e freschi nomi di Bettega, Causio, Anastasi e ancora Capello, Cuccureddu, Spinosi, che aprirono il ciclo della cosiddetta Giovin Signora.

Il raccoglitore dell’Inter no, non è completo: gliene manca una di fotografia, quella del suo ridicolo quattordicesimo scudetto assegnato su un oscuro e gelido tavolino il 26 luglio del 2006 dalla magistratura sportiva e dall’interista commissario della Figc Guido Rossi, dopo essere arrivata terza in classifica, distaccata di quindici punti dalla capolista Juventus e avendo perso in quella stagione entrambi gli scontri diretti.

Nonostante ormai sia archiviato, quell’emozione, quell’attimo di gloria in campo, che rende vera e incancellabile la vittoria, non ci fu e mai potrà esserci più. Quindi per far nascere la seconda stella nerazzurra c’è bisogno ancora di un pizzico di polvere dorata (ancora uno scudetto, vero!) che di certo non scese sulle casacche nerazzurre nell’anno di grazia duemilasei. Quel quattordicesimo scudetto è una invenzione, un calcolo sbagliato, una traduzione taroccata della realtà. Nessun grammo di stella si aggiunse negli animi nerazzurri in quell’anno in cui la Nazionale si laureò campione del mondo e gli appassionati di Mozart festeggiarono il 250° anniversario dalla nascita.

Mi sovviene una storiella. Mentre stava lavorando con Adolfo Bioy Casares sul Libro del cielo e dell’inferno, Jorge Luis Borges trovò un breve testo nel Dizionario dell’Islam di Thomas P. Hughes (1886). Narrava di un arabo che, incontrando il Profeta, gli aveva chiesto se in Paradiso ci fossero cavalli, perché amava quegli animali. Il Profeta gli aveva risposto che, certo, in paradiso c’erano i cavalli, avevano le ali e ti portavano dove volevi. Il testo di Hughes finisce qui. Borges e Bioy tradussero quel passo e inventarono, con il loro genio fantastico, la conclusione: «L’uomo rispose: i cavalli che mi piacciono sono quelli che corrono nelle verdi praterie, non hanno le ali».

Gli scudetti che incantano ed emozionano i tifosi, quelli che contano, che riecheggiano tra i battiti cardiaci devono essere naturali, vinti anche all’ultimo minuto in campo, ma senza appendici, senza voli pindarici, senza ali artificiali; non devono essere inquinati, ma puri di sola polvere di stelle. Se invece sono fatti di cartone, di polvere hanno soltanto i detriti di spazzatura accumulata nei palazzotti.

Cara Inter, Lei quello scudetto non lo hai mai vinto, perché come spero sappia, le vittorie sono quelle sudate col pallone tra i piedi, non decise da fredde sentenziucole di comodo. Ordunque, congratulazioni vivissime per il Suo meritato 19° scudetto celebrato al triplice fischio al Meazza contro i rossoneri, ricordandoLe che se proprio comparirà sulla maglietta nerazzurra quella seconda stella, non solo non avrà la brillantezza di quella conquistata quarantadue anni fa dalla Juventus di Zoff, Brady, Bettega, Furino e Scirea, ma sarà debolmente cucita con cotone da imbastitura e per sempre rimarrà tutt'al più una vacillante e insignificante stella cadente!

Roberto De Frede