Prima di allenatore, giocatori o dirigenti c'è una cosa più importante da riacquistare: l'identità.

Prima di allenatore, giocatori o dirigenti c'è una cosa più importante da riacquistare: l'identità. TUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 00:07Editoriale
di Vincenzo Marangio

L'identità è la meno astratta dei sentimenti astratti. Così come è noto che la testa governa il corpo incidendo sulla tecnica, sul rendimento e sui risultati, l'identità intesa come senso di appartenenza, spirito e storia è la base di ogni progetto vincente. Progetto, altra parolina da rispolverare, ciò che ha reso la Juventus negli anni speciale, vincente, continua e per tanti versi inimitabile. Da quando identità a progettualità sono venute meno, la Juventus è sparita sempre di più uniformandosi alle squadre comuni, quelle che sbagliano le scelte, gli allenatori, le impostazioni della stagione e che non solo non spaventano ma diventano terre di conquiste. 

L'ultima grandissima Juve che abbiamo conosciuto è quella che è riuscita a scrivere una storia che mai nessuno riuscirà a riscrivere, vincendo 9 scudetti di fila imponendosi a tutti i club come modello invidiato ma da imitare, temuto e quindi da attaccare e buttare giù. E, sembrerà un paradosso, ma proprio quando la società bianconera e il popolo bianconero si sono sentiti invincibili si sono resi attaccabili. Scelte avventate in società, come quando Agnelli pensava di poter accorpare ruoli e perdere figure di rappresentanza politica perché ormai nessuno avrebbe potuto buttare giù le mura dell'impero; misteriosa insoddisfazione da sindrome di pancia piena dei tifosi che hanno inconsapevolmente accolto tre le proprie mura santoni rappresentanti di narrative calcistiche che alimentavano l'insoddisfazione di chi era sazio di vittorie, inculcando una voglia arrivata fino ai vertici societari di provare a vincere in altri modi, come se fosse il modo la cosa più importante e non il risultato. Ed è qui che è arrivato lo scacco matto alla Juventus. 

Mentre si specchiava, la Vecchia Signora ha perso di vista se stessa, i suoi obiettivi, la sua fame, la sua tradizione e tutto ciò che l'ha resa diversa da tutti e al di sopra di avversari e del tempo stesso che passa, ha scelto di abbracciare la modernità snaturandosi e commettendo errori madornali che ora la rendono una delle tante. Ecco perché dico che è inutile affannarsi a cercare il migliore (o presunto tale) direttore sportivo; il migliore (o presunto tale) allenatore; i migliori (o presunti tali) giocatori, perché se manca l'identità, se non torna la giusta progettualità, tutto il resto non acquisirà valore come un tempo, diventeranno scelte giuste o sbagliate ma mai speciali. Il valore lo stabilisce la tradizione, l'identità, la fame. La voglia di tornare a primeggiare ed essere Juventus. Questa è l'unica strada, il resto viene soltanto dopo. 

Questo è il momento di fermare la giostra, magari una volta conquistata la partecipazione alla prossima Champions, e ricordarsi chi e cosa era la Juventus prima di perdersi. Ritrovarsi nell'identità, negli obiettivi, nel sangue freddo delle scelte nel coraggio di cambiare senza snaturarsi ma ritrovandosi con gli uomini giusti, con obiettivi nobili e non più legati alla mediocrità del riassestamento fine a se stesso