Un toscano per lo scudetto. Che la fortuna l’assista!
Buon compleanno Vecchia Signora, ieri hai soffiato su una gustosa torta Cremona 128 candeline e per altrettante primavere hai sognato e hai fatto sognare i tuoi fedelissimi tifosi. Ad maiora semper! Con una “spallettata” contro i grigiorossi la Juventus brinda ai tre punti che l’avvicinano alla vetta.
Ricominciamo da capo. Del resto la natura lo fa ogni anno. Si ricomincia con un toscano. «Maledetti toscani!». Pronunciata con rabbia, con spirito, con invidia, con disprezzo, con affetto, questa espressione è ormai da tempo entrata a far parte del lessico comune. Maledetti toscani, che si sentono sempre superiori a tutti gli altri italiani. Maledetti toscani, che riescono ad ironizzare sulla situazione più tragica e a creare imbarazzo nel momento di maggiore allegria. Maledetti toscani, che credono di poter dare lezioni a tutti perché «la lingua italiana l’hanno inventata loro». Maledetti toscani, che se non ci fossero bisognerebbe inventarli. Maledetti toscani, che si amano e si odiano. È ovviamente il grande Curzio Malaparte che scrive questo nel suo bellissimo saggio.
Ebbene che ben vengano i toscani su quella panchina bianconera invidiata dal mondo intero. Lippi da Viareggio, un uomo mite e forte, determinato ed equilibrato, che sapeva convincere senza bisogno di comandare. Vincente. Allegri da Livorno, personaggio a più sfaccettature, umorale e impulsivo, autore di frasi cult, a furia di andare fuori dalle righe è diventato qualcosa di più di un allenatore: un condottiero avvolgente e divisivo, caustico, stratega. Vincente. Sarri da Napoli, ma toscano d’adozione, un fenomeno da Treccani col suo sarrismo, forse incompreso. L’ultimo scudetto bianconero comunque è anche suo. Vincente. E ora Spalletti da Certaldo, istrionico e carismatico, determinato e schietto. Un ragazzo semplice con aspirazioni sublimi. Tenace, resistente, camaleontico, umile, capace di spezzarsi, mai di piegarsi. Vincente a Napoli, piazza complicatissima, dove solo Maradona v’era riuscito un trentennio prima. Non c’era altro da fare. La figura che serviva a quella vecchietta palata di bianconero per ridarle vigore e brillantezza, per ritrovare e saper cogliere con astuzia quel pizzico di fortuna e ricominciare un processo di iniziazione, era proprio questa di messere Luciano da Certaldo.
Un’ascensione, una risalita verso quel tricolore, la si invoca a gran voce. In conferenza stampa Spalletti non ha avuto paura di nominare la parola scudetto. Difficile? Si, ma tanto di cappello a non aver menzionato quella sfigata zona champions! È vero, si sente dire spesso: fatti non parole. Ma noi, come esseri umani, siamo fatti di parole. E le parole fanno tantissime cose. Comunicano, certo, ma soprattutto creano realtà, influenzano i nostri pensieri, condizionano le nostre emozioni e le nostre azioni. Le parole sono la sostanza di cui è fatta la nostra storia, perché la vita delle parole è anche la nostra vita nelle parole.
E di risalita… narra un altro signore nato in quel di Certaldo, tal Giovanni Boccaccio. La novella nella quale meglio si rappresenta la rinascita è quella di Andreuccio da Perugia, narrata da Fiammetta nella seconda giornata del Decamerone. Qui il protagonista passa da una serie di sventure a un successo inaspettato grazie alla sua astuzia, e ad un qualcosa che si chiama fortuna. Protagonista è Andreuccio, un giovane mercante perugino capitato a Napoli per una compravendita di cavalli che si fa truffare da un'astuta prostituta siciliana che si finge sua sorella e lo deruba di tutto il suo denaro. Dopo una serie inverosimile di peripezie e disavventure in cui rischia seriamente la vita, il giovane viene assistito dalla fortuna e riesce non solo a salvarsi, ma addirittura a entrare in possesso di un prezioso anello che gli consente di recuperare i soldi perduti. La giornata boccacciana vuole esprimere come la sfortuna cerchi di dominare l'uomo, ma anche come esso, attraverso un processo di formazione, giunga a combatterla usando la propria intelligenza.
La fortuna nel calcio, come del resto nella vita è una forza imprevedibile e capricciosa, assimilabile al caso, che influenza le vicende umane al di fuori della provvidenza divina. Agisce in modo autonomo, mutando le sorti degli individui in modo inaspettato, e per contrastarla o volgerla a proprio favore è necessario fare affidamento sull'ingegno, sull'intelligenza e sulla virtù, considerate le principali forze con cui l'uomo può relazionarsi con la realtà.
Caro mister Spalletti, sii astuto, ingegnoso, combattivo e vedrai che la dea bendata non ti volgerà le spalle.
Roberto De Frede
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