Così la Juve si sta scavando la fossa con le sue stesse mani?

Nel calcio, come nella vita, il declino non arriva mai di colpo. È una collezione di errori, di piccole rinunce, di silenzi al momento sbagliato. E la Juventus, oggi, sembra l’esempio perfetto: non è crollata, sembra essersi scavata la fossa da sola. Con metodo, con ostinazione, quasi con gusto. La Juve che dominava in Italia e spaventava l’Europa era costruita su idee chiare: classe e imprevedibilità, muscoli e cervello, centimetri e geometrie.

Quella di oggi è un insieme scomposto di tentativi, di figurine incollate male, di scommesse fatte a caso. Non c’è più un leader in campo, non c’è un’idea di gioco, non c’è – e forse è la cosa più grave – il coraggio di cambiare davvero. Un gruppo di bravi ragazzi con una palla tra i piedi, più che una squadra con un’idea. Ma il problema è a monte. Il mercato sembra procedere per occasioni, più che per necessità. Si prende chi si può, non chi serve. Nessuno a coprire le falle storiche: manca un tiratore su punizione, mancano i saltatori sui corner, mancano i blocchi organizzati, gli schemi da calcio piazzato, le armi sporche ma letali che per anni hanno fatto grande la Juventus nei momenti più duri.

Una volta, contro un Verona o un Parma, bastava un angolo ben battuto da Pirlo e il colpo di un Chiellini, Bonucci, Llorente Vidal, Pogba o Higuain per sbloccarla. Ora, invece, regna il nulla. Un calcio che si dimentica del calcio. Non si tratta di bellezza, ma di efficacia. E senza quella, non si va lontano. La Juventus si è ridotta così, a inseguire il mercato sperando che arrivi “quello giusto”, quando il vero problema non è chi manca, ma cosa manca.: un’identità, una visione, una direzione. Senza di queste, puoi anche prendere campioni da copertina: ti ritroverai comunque a scavare. E quel che è peggio, a scavarti da solo.