L'avv. Spallone: "Riforma della giustizia sportiva, ecco cosa andrebbe rivisto"

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di Daniele Petroselli

A Italia Oggi ha parlato di riforma della giustizia sportiva Giorgio Spallone, avvocato esperto di diritto sportivo e da anni a contatto con le procure federali: "L'ordinamento sportivo, in Italia, è l’unico oltre a quello statuale e prevede un sistema di giustizia autonomo. Partiamo da questo presupposto fondamentale: in Italia esiste l’ordinamento giuridico dello Stato, cui si affianca quello sportivo, regolato dalle carte federali delle singole federazioni, dallo statuto del Coni — che possiamo considerare la Carta costituzionale dello sport — e dal Codice di Giustizia Sportiva del Coni, che funge da ombrello a tutti i codici delle discipline affiliate. In sostanza, vi sono principi generali, rinvenibili nella Carta Costituzionale, oltre che nei codici sostanziali e di procedura civile e penale, cui l’ordinamento sportivo si richiama, spesso mediante norme di chiusura per tutto ciò che non è direttamente disciplinato. Questo crea un sottosistema giuridico proprio che, però, non può ignorare le fonti primarie dello Stato. L’autonomia della giustizia sportiva è quindi un elemento fondante ma non un assoluto intangibile: esistono situazioni in cui i diritti dei tesserati, a titolo esemplificativo: il diritto al lavoro, prevalgono sulla normativa sportiva".

E ha spiegato: "L'articolo 4 del Codice di Giustizia Sportiva statuisce che società e tesserati devono rispettare i principi di lealtà, correttezza e probità. Si tratta, peraltro, di principi etici, non giuridici, che necessitano di una migliore e più marcata definizione, volta a distinguere la violazione disciplinare da quella di natura etica. Diversamente, si rischia l’irragionevolezza ed, dunque, l’iniquità del sistema sanzionatorio. La professionalizzazione degli organi della giustizia sportiva è un tema centrale. Considerando soprattutto il calcio e, in misura minore, il basket — gli unici sport di squadra professionistici in Italia — risulta evidente come non sia realistico pensare che la moltitudine di coloro che compongono la complessa ed articolata macchina della giustizia sportiva operi pro bono. Il calcio, con un impatto sul Pil di circa 12,4 miliardi di euro, richiede competenze elevate e continuità di impegno. Occorre, dunque, un’attenta selezione dei ruoli inquirenti, requirenti e giudicanti, garantendo riconoscimenti economici adeguati, analogamente a quanto avviene per la classe arbitrale".

A ciò va coniugato l’innalzamento qualitativo del criterio di selezione, che "deve essere esclusivamente meritocratico: le nomine non possono dipendere dalla mera discrezionalità, ma rispondere a severi criteri di competenza ed esperienza nel settore specifico. Al contempo, la natura endofederale degli ordinamenti interni, vieppiù il sistema di Giustizia Sportiva, poggia sul mandato di rappresentanza fiduciario conferito agli organi di vertice, democraticamente eletti dalla totalità della base associativa. Per questa ragione, gli organi apicali della giustizia interna, al pari di quelli delle altre funzioni, non possono che essere nominati, in esito a procedure selettive di massima garanzia, dai vertici federali depositari del mandato fiduciario. Se questa fiducia viene meno, crolla l’intero sistema".

Altro aspetto quello secondo cui "è necessario rivedere il principio della responsabilità oggettiva, applicato alle società, distinguendo fra eventi che le stesse possono, realisticamente, controllare e quelli obiettivamente avulsi da ogni possibilità di prevenzione. In parallelo, come detto, occorre ridefinire i contorni dei principi etici generali previsti dall’art. 4 Cgs rendendoli giuridicamente apprezzabili e delimitandone il campo di applicazione, anche al fine di evitarne interpretazioni arbitrarie".