L’attesa… champions per conquistare il futuro.

L’attesa… champions per conquistare il futuro.TUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 08:56Editoriale
di Roberto De Frede
Quando il telefono non suonò, capii subito che eri tu. (Dorothy Parker)

Quel momento della nostra vita tra due attimi reali possiamo definirlo attesa. Mancano ormai soltanto due partite e la Juventus sta vivendo questa dimensione ai confini della realtà: dal triplice fischio contro la Lazio al fischio d’inizio di stasera contro l’Udinese. Quanto è lungo il tempo delle nostre vite impiegato ad aspettare? Un amore, una telefonata, una nascita, ma anche l’esito di un esame, l’accettazione di un’offerta, un treno, una partita di calcio che vale l’obiettivo di una intera stagione. Gran parte della nostra esistenza è una lunga attesa di qualcosa che è alle porte, ma che potrebbe anche non arrivare mai. Siamo in bilico tra certezza e dubbio, speranza e malinconia in attesa che...

L’attesa, una dimensione quasi onirica. Con inesorabile alternanza, ogni giorno tutti gli esseri umani sperimentano due modi diversi di essere: la veglia, ovvero l'esperienza del reale (o che ci pare tale), e il sogno, in cui le coordinate del tempo e dello spazio svaniscono e si mescolano. Ai sogni si può dare maggiore minore importanza, e così avvenne nel corso della storia: possono essere considerati frammenti insignificanti della realtà, una "non realtà", e quindi essere eliminati dalla nostra attenzione, come una vana illusione, oppure possono essere considerati una forma di "più realtà" o, piuttosto, di una realtà diversa, in cui opera, ma in modo del tutto misterioso, la nostra psiche, il nostro io, la nostra mente. La vita stessa può essere un sogno? Così diceva la commedia di Pedro Calderón de la Barca, La vida es sueño; e se noi pensiamo che il sogno sia una parentesi, dovremmo anche ricordare l'aforisma cinese: "Ho sognato di essere una farfalla, e ora non so più se sono un uomo che ha sognato una farfalla o una farfalla che sta sognando di essere un uomo".

I bianconeri si sono messi sulle tracce dell’aspettare, di quello spazio di tempo in cui ciò che deve compiersi è ancora un’idea e il nostro cuore è sospeso tra un qui e un altrove.

Mi sovviene, mentre vi scrivo, un mio racconto breve, dal titolo L’attesa, tratto dalle Fantasticherie di Giacomino, che ci conduce in un spazio che non sempre sappiamo vedere, ma in cui siamo perennemente immersi. La certezza è che il tempo di chi aspetta è un dono da coltivare con cura, affinché nascano i frutti desiderati.

Un pomeriggio passeggiavo per via Ca­racciolo, avevo appuntamento con una ra­gazza giù al suo palazzo, che stava proprio di fronte l’isola di Capri. Arrivato al portone, mi misi ad aspettare e ascoltavo un po’ incu­riosito una discussione tra il portiere dello stabile ed un signore, che probabilmente non aveva di meglio da fare che perdere tempo a chiacchierare. Questo signore, ad un tratto esclamò e disse al portiere: «Eh caro don Antonio, voi avete la fortuna di averla così vicino! Ad un tiro di schioppo! Chissà quante volte l’avrete visitata e goduta! Io invece, abitando a Mila­no, ci sarò stato appena una decina di volte». Io avevo capito che il signore si riferiva a Capri, mentre invece il portiere, forse perchè affaccendato a lucidare un marmo, non com­prese e proseguì nella pulizia. Il signore, innervosito per aver parlato a vuoto, continuò: «Don Antonio, sto parlando con voi, sto dicendo che siete fortunato ad avere Capri proprio di fronte a voi, a mezz’o­ra di aliscafo, chissà quante volte ci siete sta­to! Beato voi!». Il portiere ripose gli attrezzi della pulizia, fissò il signore e con un ingenuo sorriso così gli rispose: «Dottò, io Capri la tengo così vi­cina, posso andarci quando voglio, comunque non ci sono mai stato; tanto da lì nessuno la muove, mi aspetterà», indicando l'isola. Il dottore milanese rimase fulminato da quella risposta, cercò nel mio sguardo un al­leato per controbattere, ma io me ne guardai bene di intervenire, tanto più era arrivata la mia ragazza. Pensai però tanto a quella risposta del por­tiere; mi ritornava spesso nella mente e mi faceva riflettere. Se noi rimandiamo la felicità a quando avremo risolto i nostri problemi o realizzato i nostri obiettivi, il meglio che ci può capitare è che rinunciamo a vivere, senza ritrovare quella felicità istantanea. A volte cadiamo nell’errore più banale, quello di credere di poter fare tutto anche fra un minuto, per il solo fatto che ora avremmo potuto farlo. Niente di più sbagliato. Non potremmo mai fare la stessa, esatta, precisa cosa in minuti diversi. I cinesi, in un loro proverbio, sono convinti che a chi sa attendere, il tempo apre ogni porta; ma forse lo dicono perchè hanno fumato per millenni oppio, molti dormono ancora e poi non hanno Capri di fronte. Anni dopo, per caso ripassai da lì, a fidanzamento ampiamente concluso, e guardai quel portone di via Caracciolo, ma soprattutto sbirciai verso la portineria. Non c’era don Antonio, c’era una signora. Mi avvicinai a lei e chiesi di don Antonio; la signora con gli occhi umidi mi disse: «Signore, mio marito Antonio è morto l’anno passato, gli dovevate dire qualcosa? Potete dire a me, se volete». «Mi dispiace tanto signora, condoglianze, – feci io davvero dispiaciuto – niente di im­portante, volevo sapere se negli ultimi anni vostro marito, don Antonio, era andato a Ca­pri». La signora chiaramente non intese, non poteva intendere, ma mi rispose ugualmente con stupore e cortesia, senza chiedermi altre spiegazioni: «No dottò, mai. Però posso dirvi che al tramonto la guardava da qui tutte le sere, dopotutto sta là, vedete, la teniamo così vicina...».]

L'attesa non deve essere soltanto un guardare l’obiettivo, ma un cominciare a farlo proprio, a dare un senso e forza a quell’attimo onirico tra due istanti di apparente realtà.

Che la Juventus, nell’attesa, non guardi soltanto, ma approdi già nell’isola champions!

Roberto De Frede