La poesia di Zhegrova: musica e libertà.

Chi sono i migliori dribblatori del mondo e i migliori facitori di goal? Si chiedeva Pasolini. La risposta era netta: i brasiliani. Dunque il loro calcio è un calcio di poesia: ed esso è infatti tutto impostato sul dribbling e sul goal.
Oggi la risposta – per i bianconeri speranzosa - potrebbe essere anche un’altra: un kosovaro di nome Edon Zhegrova, nato a Herford, una piccola città della Germania situata ai piedi del versante settentrionale della Foresta di Teutoburgo, fondata da Carlo Magno nel 789 per presidiare un guado del fiume Werra.
La Juventus ha tra le sue fila un poeta mancino con l’undici sulle spalle, pur cavalcando la zona del sette: un artista della finta, imparabile, geniale, a volte anche inutile quando, per golosità, il fine dicitore si ferma, torna al centro o fa dietrofront per riprendere la sua diabolica esibizione, come un gattino che gioca, fulminandolo, un gomitolo di lana. I difensori restano con un palmo di naso o si scontrano tra loro, come birilli, ridicoli, umiliati.
I dribblatori brasiliani – semidei - prendono la forma di uomini elastici che vezzeggiano la palla come se danzassero con la donna più bella del mondo. La covano con lo sguardo e hanno occhi solo per lei; se la perdono cercheranno di riprendersela, di sedurla per andarsene di nuovo insieme e mai più, mai più abbandonarla a un altro pretendente. Le ali destre, pure e d’ogni latitudine, sono poeti che volano sulle onde di una musica imprendibile, che rinasce ogni volta su nuove invenzioni melodiche: la Bossa Nova, allegra e malinconica, pura e lasciva, leggera come una bollicina di champagne eppure potentemente evocativa delle vicissitudini dei bei quartieri di un tempo, la zona sud di Rio, degli amori effimeri della gioventù dorata. Nato nel contesto di rinascita economica e sociale della terra carioca, il termine non può essere tradotto letteralmente, ma lo si può intendere col significato di “nuova tendenza”. La data ufficiale del fiocco rosa della bossa nova è il 1958, anno in cui fu pubblicato il disco della cantante Elizete Cardoso con musiche di Antônio Carlos Jobim e testi di Vinícius de Moraes, con João Gilberto alla chitarra. L'album Canção do Amor Demais conteneva il brano Chega de saudade, che segnò per tutti l’inizio di quel genere musicale. E nel 1958, ai campionati del mondo in Svezia, si illuminò per brillare nell’eternità una stella dai colori melodiosi di nome Garrincha.
Il dribbling è la ricerca della libertà e spesso i dribblatori hanno avuto una storia drammatica alle spalle. Manè, bambino poverissimo e malato di poliomielite. Edon, nato in tempo di battaglie fratricide e in fuga con la sua famiglia per scampare all’inferno della guerra del Kosovo.
Il dribbling è ondeggiare, prendere una direzione e cambiarla all’ultimo momento, avanzare per indietreggiare o aggirare il difensore. Quest’arte di dissociare il corpo, i gesti e la guida della palla, in poche frazioni di secondo, ha qualcosa di magico, come i calligrammi di Apollinaire. Il difensore indietreggia, fissa gli occhi del poeta, le sue gambe, il piede di appoggio, esita a lanciarsi, scalpiccia, indietreggia ancora, sconcertato. Si arrende: vinto da quella musica che tutti gli spettatori vorrebbero ascoltare in ogni partita, ringraziando il dionisiaco dribblatore eroe per tutti di attimi di libertà donati.
In questa domenica di settembre senza campionato almeno fatemi sognare: la Juventus rinnovata nello spirito e negli uomini, contro l’Inter sabato prossimo giocando un calcio cinetico e con un’ala destra kosovara che possa somigliare a Garrincha! Con combinazioni di prodezze individuali e movimenti collettivi, un susseguirsi di folgorazioni, stupori, colpi di scena. E un balletto, un baccanale dell’ala, il calcio poetico che cantava Pasolini.
Ho sognato troppo? Beh non svegliatemi.
Roberto De Frede
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