Le parole di Arrivabene, Dybala e gli occhi di Pietro Anastasi

Le parole di Arrivabene, Dybala e gli occhi di Pietro AnastasiTUTTOmercatoWEB.com
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martedì 18 gennaio 2022, 18:00La Frecciata
di Franco Leonetti

Un tormentone che si esaurirà solo al momento della firma con annuncio ufficiale. Fino a quell’istante sarà un tourbillon di voci, indiscrezioni, trattative sotterranee e verità presunte, con tanto di bene informati o supposti tali. L’amministratore delegato Maurizio Arrivabene ha richiamato tutti i calciatori bianconeri, numero 10 compreso, a mostrare caratteristiche da Juventus: carattere, grinta e voglia di vincere. Peculiarità che hanno fatto grande la Juve nel mondo dal 1897, parole dure certamente, ma che fanno il paio con pensieri e mezzi appelli da parte dell’allenatore nella prima parte di stagione: nelle iridi una squadra sgonfia e molto deludente. Una Juve senza attributi, per antonomasia, risulta un paradosso insostenibile, anche alla luce di tecnica e piedi educati e sopraffini come ci ha raccontato la storia. Dybala dopo l’Udinese ha dichiarato che lui non deve dimostrare nulla. Una frase che, sinceramente, lascia parecchio interdetti. Sia chiaro sin da subito, personalmente adoro la Joya e non vedo l’ora che, urbi et orbi, venga diffuso il proclama ufficiale del suo rinnovo di contratto, ma questo concetto espresso mi ha fatto trasalire.

Vero che Paulo veste il bianconero da 7 anni e ha distillato tante perle ai tifosi, ma ogni calciatore e ogni uomo della strada, ha sempre da dimostrare qualcosa nel proprio lavoro, nella vita di tutti giorni, nelle sue passioni forti, sia che indossi scarpe bullonate e parastinchi, sia che si cimenti dietro un computer o nel commercio al dettaglio. La Juventus dovrebbe rappresentare passione, amore, fierezza, orgoglio, come un cordone ombelicale quasi inscindibile, ecco dove la parole di Arrivabene volevano andare a parare. Stimolare tutti gli interpreti per renderli edotti a riguardo della mitologia e della storia. E di ciò che nello spirito Juve non può e non deve mai mancare. Poi tempi e modi si possono anche discutere. Vero che il mondo è cambiato, mai come in questi due anni, vero che il calcio è mutato drasticamente di pari passo, ma i valori sacri della fede bianconera, quelli no, non si trasformeranno mai in qualcosa di minore o poco rilevante.

Personalmente ho ancora vivo il ricordo degli occhi di Pietro Anastasi quando parlava della “sua” Juve. L’emozione gli rigava il sorriso solare, la mente vagava ai suoi anni e alle gesta calcistiche, l’amore per il bianconero lo faceva commuovere ogni volta. Vedemmo insieme la finale di Champions di Berlino persa contro il Barcellona, lui uno dei miei idoli d’infanzia, lì a soffrire per quella Juventus che, purtroppo, non avrebbe alzato la coppa anche quella volta. Ci ritrovammo dopo un’ora dal fischio finale a lavorare insieme su un palcoscenico, davanti a tantissime persone, e il suo essere juventino ferito dalla atroce sconfitta, si mescolò a quella sua seconda pelle a strisce. Toccai con mano il suo incondizionato, infinito amore per la Juventus, i valori di un calcio totalmente diverso, ma con valenze passate che non possono venir trascurate e hanno necessità di essere tramandate. Dimostrare qualcosa? Altrochè, sempre, ogni giorno. Un po’ come accadde il 27 aprile del 1975. Quello per Pietro era un anno difficile, l’allenatore Carlo Parola gli preferiva Altafini e il ragazzo siciliano, dagli occhi di brace bramanti un gol, languiva in panchina; rapporto complicato tra lui e l’allenatore.

Poi i momenti dolci della riscossa: i bianconeri affrontano la Lazio campione in carica, risultato in bilico solo 1-0 per Bettega e compagni, serve chiudere la partita. Pietruzzo entra sul parto verde come una furia e mette dentro, 3 gol 3, in appena 4 minuti, con il Comunale in trionfo. Con tre reti siglate in meno di una manciata di minuti e per giunta da subentrato, Pietro Anastasi stabilisce un record mai superato e del quale non vi è memoria nella storia del nostro campionato. Una lezione da scolpire nel basalto. Dimostrare, vincere titoli, fare la storia, entrare negli annali. Ogni calciatore ha sempre qualcosa da dimostrare, sia a se stesso che agli altri, sia ai valori propri di una società unica al mondo, per mille motivi, sia ai tifosi che amano le sue giocate e lo divinizzano. Personalmente a Paulo Dybala auguro tanti momenti simili a quelli fissati negli occhi lucidi d’emozione di Anastasi, la Juventus, anche nel corso di tre secoli, è rimasta una cosa unica. Con virtù chiare e peculiarità che hanno tratteggiato la leggenda. In attesa che arrivi finalmente la parola fine a questa telenovela, ovviamente con il rinnovo in bianconero per la Joya. Dimostrare, essere all’altezza della Juve, è un dovere per chi indossa la maglia e per chi ne ha fatto una ragione di vita, proprio come il nostro, indimenticato e indimenticabile, Pietruzzo.